"Sentimi" (one-shot)



“Sentimi.”

Inglandia. Anno Domini 1467.

“Oh, Renee, Iddio mi perdoni, ma da come scalcia questo bambino temo che darà un bel da fare a me e a tutti gli abitanti di questo castello.”
Lady Esme di Cullenshire sorseggiava la sua tisana speciale, quella che la sua amorevole cuoca le faceva trovare tutti i pomeriggi, sotto al verdeggiante patio situato ad occidente del castello di Lord Carlisle di Cullenshire, marito devoto e futuro padre felice. A farle compagnia vi si recava spesso Lady Renee di Swancaster, sua carissima amica e sposa di Lord Charles di Swancaster. Le due dame venivano sovente scortate l’una nel palazzo dell’altra, a periodi alterni, per tenersi compagnia. Le due nobili famiglie erano alleate anche se appartenenti ad un credo religioso differente, cosa molto diffusa in quei tempi di lunghe lotte religiose tra Cattolici, Calvinisti e Protestanti.
I Cullenshire e gli Swancaster erano i signori e padroni di due territori confinanti a sud dell’Inghilterra, nella zona più verde e mite di tutto il regno comandato dal Re Marcus IV. Il Sovrano governava tutti i territori dal Canale della Manica fino al Vallo di Adriano, imperatore del quale si pregiava essere diretto discendente, quindi perennemente in guerra con il Regno di Scozia, comandato da Re Caius Celtius, un re spietato e, da quanto si mormorava a corte, barbaro. Il reggente inglese però manteneva, con polso fermo e sagge decisioni, la pace all’interno dei suoi territori, portando l’Inghilterra a fiorire nell’agricoltura e nel commercio con i paesi d’oltremare. Era da uno di quei paesi, la Francia, che Renee proveniva. Lord Charles si innamorò perdutamente della bella francese dai modi delicati e dal fare indipendente. 
L’indipendenza che ora sembrava possedere anche la creatura nel grembo della bella Renee.
“Esme, mia cara, se tanto mi da tanto, avremo due valorosi guerrieri molto presto. E molto ansiosi di combattere. Ouch! Chiedo perdono, cara, ma questo infante sferra calci degni di un baio selvatico!”
Lady Renee accarezzava il vistoso ventre, mentre approfittava della tisana dalle proprietà sorprendenti preparata per Esme.
“Sai Renee… devo dirti, mia cara, di aver notato una maggiore, come dire, attività nel mio ventre quando… ci sei tu. Curioso, vero?” Lady Esme sorrise dolcemente all’amica.
“Oh. Ebbene… devo darti ragione. Anche a me è sorto il medesimo pensiero.” Lady Renee rideva, pensando a quei due piccoli, già molto amati, crescere inseparabili e irrimediabilmente irrequieti.
Le due dame sognavano ad occhi aperti un futuro di amicizia che legasse la loro prole, oltre che i due casati già alleati.
Non sapevano ancora quanto avrebbero legato i loro due nascituri.
 E soprattutto non avevano idea di come.
***

Dodici anni dopo.

“Ridammela!” Urlò Isabella correndo con le vesti alzate fin sopra le ginocchia. 
“Edward! Fermati! L’ho presa io! E’ mia! Tu, brutto prepotente e- e- e…”
Edward correva all’interno del parco retrostante la dimora degli Swancaster. Rideva. Aveva tolto di mano ad Isabella una farfalla che lei era riuscita a catturare. La teneva per le ali, non sapendo che in questo modo la povera farfalla multicolore non sarebbe più riuscita a spiccare il volo.
E, e, eeeee ormai è mia! L’ho presa io! E tu non riuscirai a riprenderla! Sono molto più veloce di te!” Edward canzonava Isabella, che era quasi in lacrime, prendendola in giro per quel suo leggero balbettare, che le capitava quando si innervosiva più del dovuto. E ora era molto più che nervosa. E senza fiato anche, dato che Edward era davvero agile e veloce.
Edward e Isabella non si vedevano spesso quanto avrebbero invece voluto. I loro casati erano tuttora in amicizia, ma le varie vicissitudini del regno e la precaria salute di Lady Renee non permettevano spostamenti frequenti tra le due dame tanto amiche. Così, questa volta, Lady Esme era venuta a far visita per due settimane alla sua cara Renee, portando con se il suo primogenito ed evitando in questo modo che Lord Carlisle dovesse occuparsi, anche se indirettamente, di quel suo figlio tanto, tanto irrequieto e indomabile.
“Edward Anthony di Cullenshire!” Alzò la voce in modo non proprio soave Lady Esme, accorsa in giardino alle urla dei due bambini. “Smetti subito di correre e ridai qualsiasi cosa tu abbia preso ad Isabella!”
“Oh, madre…” borbottò Edward finalmente fermo.
Isabella li raggiunse con fiato ancora grosso, fermandosi alla vista della postura altera di Lady Esme.
“Isabella, piccola mia, perdona l’impudenza di Edward. E tu Edward, non costringere Isabella a correre forsennatamente come fai tu! E’ una Lady, e le Ladies non possono correre, lo sai.”
Edward sbuffò impazientemente con quel suo solito mezzo sorriso nel vedere Isabella ancora con il fiatone e con le gote arrossate. Gli piaceva immensamente stuzzicarla, era uno dei suoi divertimenti preferiti.
Isabella, dal canto suo, storse il naso al fatto, rimarcatole spesso, che correre non era affatto un buon comportamento per una Lady. Adorava correre. Bè, magari non dietro ad Edward, come accadeva sempre quando lui era nei paraggi.
“Cos’hai in mano? Ridai subito ad Isabella ciò che le appartiene.” Lady Esme ammonì in tono calmo e fermo il figliolo.
“Ecco.” Mormorò Edward mostrando il pugno dischiuso su quella che ormai era una farfalla.
“Oh…” Isabella guardò delusa e dispiaciuta il piccolo cadaverino. Aveva le lacrime agli occhi, ed era furiosa con Edward.
“Oh Isabella, tesoro, mi dispiace, ma in ogni caso-“ Esme non fece in tempo a finire la frase che Isabella, con tutte le sue forze, pestò il piede ad un Edward sbigottito da una reazione così violenta e così poco femminile.
“Tu… tu… assassino di farfalle!” Sputacchiò in direzione di Edward, per poi correre via in preda ad un pianto dirotto.
Era arrabbiata. Era furibonda. Si rifugiò nelle stalle e andò da Twilight, il piccolo puledro appena nato dalla cavalla più bella, Midnight Sun. Era nato la notte precedente. Isabella ed Edward erano riusciti a sgattaiolare via dalle loro camere per dare il benvenuto al puledrino, mossi dall’eccitazione per quella novità. Era stato Edward a dare il nome al cavallino.
“Che nome ridicolo. Perché lo vuoi chiamare così?” Gli aveva chiesto Isabella. In realtà il nome le piaceva, ma non voleva dare ad Edward alcuna soddisfazione. Piaceva molto anche a lei tenerlo sempre sulla corda.
“Perché ha il colore di quando il sole tramonta. E’ rosso come quel cielo. Come lo sono a volte i tuoi capelli…” Aveva aggiunto sottovoce.
“Oh.” Ma Isabella aveva udito. Anche se non sapeva bene come interpretare quella rivelazione.
Ora lei era lì, ad accarezzare il musetto del cavallino, frustrata nel profondo dai comportamenti di Edward.
“Bella?”
Bella. Era così che la chiamava Edward. Solo lui la chiamava in quel modo. E nonostante a Isabella piacesse molto, non gliel’aveva mai detto.
Isabella si ridestò dai suoi pensieri e si voltò alla flebile voce di Edward, il quale aveva lo sguardo contrito e un broncino quasi tenero. Quasi.
“Cosa vuoi?” Gli rispose lei seccamente.
Lui si avvicinò, tenendo le mani giunte a formare due semisfere unite.
“Ho una cosa per te.” Il suo tono divenne più brillante e il suo viso si era trasformato di nuovo in quello del ragazzino impunito con il suo sorrisetto che non prometteva mai nulla di buono.
“Cosa?” Si illuminò anche lei, già dimentica della tragedia avvenuta poco prima.
“Vieni. Andiamo al ruscello. Te lo mostro.” 
Senza altri preamboli, i due corsero velocemente al ruscello che scorreva all’interno della proprietà Swancaster. L’acqua brillava sotto al sole estivo e l’aria era gradevole e fresca.
“Fammi vedere.” Isabella si agitò in anticipazione alle mani ancora giunte di Edward.
“Mmmh.  Non lo so. Facciamo uno scambio! Io ti mostro cosa ho qui per te e tu…” Sogghignò Edward.
“Uff! Hai detto che avevi qualcosa per me. Non sono corsa qui per fare scambi. E lo sai che una Lady come me non può correre. Quindi mostramelo e basta.” Alzò il mento lei in risposta.
“Ha! Ti piace correre tanto quanto a me, non darmela a bere, Lady.”
Edward aveva imparato a conoscere Isabella ed era la persona con cui si divertiva di più al mondo.
Non che la cosa gli facesse piacere. Ma tant’era.
Dal canto suo, Isabella, non poté ribattere a quell’affermazione. Correre le piaceva, eccome, soprattutto con lui. Solo con lui, dato che con le sue compagne di giochi doveva trattenersi come comandava il suo rango, ma le rimaneva difficile non seguire la sua natura attiva e ribelle. Con Edward si sentiva libera di essere se stessa.
Non che la cosa le facesse piacere. Ma tant’era.
“D’accordo! Cosa vuoi in cambio?” Sbuffò incuriosita dalla richiesta di Edward e pronta a negoziare anche suo malgrado.
“Uhm… un bacio.”
Edward si sorprese della sua stessa richiesta, ma guardandola, guardando il sole che le faceva brillare i lunghi capelli bruni, guadandole le gote arrossate, guardando la sua piccola bocca rosea, questo era ciò che gli era venuto in mente in quell’istante, senza un motivo apparente.
“Cosa?! Oh, no. Io non ti bacerò Edward. Puoi buttarti nel fiume, per quanto mi riguarda.”
La risposta di Isabella era sorta spontanea, come sempre in presenza dell’amico, ma sentì il rossore colorarle le guance all’idea di baciarlo. Aveva visto degli adulti baciarsi. Aveva persino visto uno stalliere e una dama di compagnia scambiarsi effusioni andando verso la stalla, ne era rimasta affascinata e si era chiesta più volte cosa fosse quel desiderio che sembrava consumarli. Quello stesso desiderio che ora le stava salendo alla mente. Come sarebbe stato baciare Edward? Piacevole? Sgradevole? 
La sua educazione, però, le imponeva di non pensare nemmeno ad una cosa del genere. 
Non doveva.
Ma non riusciva a farne a meno.
Isabella guardò negli occhi il suo compagno di giochi prediletto, colui che la faceva letteralmente uscire di senno ogni volta che si incontravano, colui che la faceva divertire come nessuno.
Il sorriso di Edward sembrò spegnersi, lasciando il posto all’evidente desiderio di quel bacio.
E Isabella notò bene quel cambiamento.
“Ci sto.” Gli rispose come quegli uomini che aveva visto giocare a dadi e scommettere denaro, vicino alle scuderie. Le piaceva quel tono. Si sentiva forte e sicura di se stessa.
La sorpresa si dipinse sul volto del ragazzino, il quale ora non sapeva bene cosa fare.
Isabella però non era tipo da non approfittare di una debolezza. Era questo che la rendeva tanto appetibile ad Edward. I loro spiriti erano guidati dalle medesime forze. Dalle medesime voglie.
Si avvicinò a lui ondeggiando un po’, come aveva visto fare a qualche damigella intenta a catturare l’attenzione di qualche cavaliere. Non sapeva se il suo comportamento avrebbe sortito qualche effetto su Edward, il quale corrugò la fronte osservando lo strano comportamento della sua compagna di giochi.
L’educazione di Isabella ebbe la meglio però, quando si limitò ad osare un delicato bacio quasi all’angolo delle labbra semiaperte di un Edward ancora sbigottito da quei movimenti e da quello sguardo, che gli stavano causando sensazioni sconosciute ed estranee.
Per tutta risposta, e senza volontà alcuna, Edward rilasciò le sue mani liberando una farfalla coloratissima che librò le ali e spiegò un timido volo verso l’albero che sovrastava i due fanciulli.
Isabella riuscì a vederla solo dopo qualche istante. Solo dopo essersi ripresa da quell’atto così strano e così sconvolgente al tempo stesso.
Sorrise al regalo di Edward. E anche al ricatto che lui le aveva imposto.
Quella sera Isabella andò a dormire sorridendo.
Quella sera Edward andò a dormire non capendo.
***

Tre anni dopo.

“Cos’è che stai leggendo tanto attentamente? Fa’ vedere!” Edward aveva sorpreso Isabella sdraiata, poco dignitosamente, su un grande ramo basso del suo albero preferito, con una gamba penzolante e la gonna tirata su. Parecchio. E prima che Edward potesse tirarle via il libro dalle mani, l’aveva guardata per un po’, rapito dalle sue forme femminili e da come poco Isabella sembrasse rendersene conto.
Edward era corso via ridendo, cercando di leggere qualche riga per capire cosa destasse tanto interesse in Isabella da non essersi nemmeno accorta del suo arrivo.
“Bruto! Ridammelo! Me lo rovini! E- e- e… non leggere!” correva affannosamente dietro al ragazzino che tanto la faceva disperare.
E-e-e! Oh…

 «  Ero: Dio mi dia la gioia di portarlo, perché ho un gran peso sul cuore.

Margherita: E presto vi aumenterà, quel peso, con un uomo sopra.  »
Isabella di Swancaster! Stai leggendo un libro d’amore? Con un uomo sopra?! Oh Bella, sei una svergognata!”
La canzonava Edward ripetendo parole che non comprendeva, ma che aveva udito da una serva rivolta alla figlia, colta in flagrante tra le braccia di un giovane garzone.
Isabella, come di consueto, arrossì in modo violento.
“Sei troppo stupido per capire certe cose! E’ Shakespeare, brutto villano! Rendimelo subito!”
Quanto piaceva ad Edward farsi rincorrere da quella ragazza, erano quindici anni che facevano questo gioco, Edward le faceva i dispetti e Isabella si arrabbiava seguendolo ovunque.
E stavolta lui la condusse dritta la ruscello, il suo posto preferito, quello che gli permetteva di vedere il sole che si specchiava nell’acqua, dentro agli occhi scuri di Isabella.
“Non riuscirai a prenderlo, sono più alto di te! E poi che cosa c’è di tanto interessante scritto qui sopra? Parla di cavalieri e di guerre? O solo di sbaciucchiamenti?” Rideva Edward con il libro alzato sopra la testa cercando di leggere ancora qualche riga, non riuscendovi perché Isabella saltava per riprendere possesso del suo prezioso tomo, il quale cadde inevitabilmente nell’acqua.
“Oh no! Guarda cosa hai fatto! Ora è perduto!” Si disperò la fanciulla, mentre senza por tempo in mezzo aveva iniziato a slacciarsi stivaletti e corpetto sotto lo sguardo pietrificato di Edward.
“Fai qualcosa! Riprendimelo! E voltati! Non azzardarti a guardare!” Urlò Isabella mentre sfilava via il pesante vestito.
Ma Edward non riuscì a non guardare, mentre lei si gettava tra i flutti veloci del torrente.
Isabella, vestita solo della sua camiciola, riuscì a raggiungere il suo libro, e si affannò a tornare verso la riva camminando in maniera furiosa sui fondali bassi del fiumiciattolo.
“Fortuna a te che sono riuscita a ripescarlo…” Le parole le morirono in gola alla vista del volto di Edward, intento a fissare tutto il suo corpo avvolto ormai da quel velo trasparente. Isabella notò il cambiamento nell’espressione dell’amico, notò il suo sguardo strano, un tipo di sguardo che non aveva mai veduto prima, e notò il leggero aumento del suo respiro.
“Ha! E sei tu che hai il fiatone! Sono io che mi sono tuffata nel fiume e tu hai il fiatone! Ma questa me la pagherai aspramente, Edward di…” 
Edward non la stava ascoltando. Era rapito da quelle due noccioline rosa che vedeva sotto la camiciola zuppa di lei, che ora avvolgeva tutte le linee delle sue piccole curve femminili.
Non riusciva a pensare. Credeva di svenire. Credeva di svenire perché ebbe un improvviso calo dei suoi flussi corporei ora incentrati in un unico rigonfio punto.
“Edward?” Chiese Isabella incuriosita dallo strano atteggiamento dell’amico e dal suo cercare di portare le mani davanti al proprio pube.
Ma Edward corse via.
“Isabella! Isabella, piccola mia dove sei? Presto, vieni!” La interruppe la sua balia, colei che si prendeva cura della piccola Lady sin dalla nascita.
“Sono qui!” Le rispose non troppo ad alta voce, presagendo la strigliata che si sarebbe presa nel momento in cui fosse stata vista svestita e completamente fradicia.
La balia la trovò e inaspettatamente senza dire alcunché, la condusse al castello in tutta fretta.
Lady Renee era ormai morente nel suo letto e desiderava avere marito e figlia accanto nei suoi ultimi istanti. Le sue precarie condizioni avevano finalmente vinto il forte spirito della donna, la quale non aveva più forza per lottare.
Isabella si inginocchiò accanto al letto della madre, che le strinse debolmente la mano.
“Oh, madre…” Mormorò la fanciulla trattenendo le lacrime.
“Isabella, piccola mia… sei una giovane donna piena di spirito… non farti mai travolgere… non darti mai per resa… non rinunciare mai alla tua vita… sposa, piccola mia… sposa per amore… come io feci con tuo padre… promettimelo…” Sussurrò con flebile voce la madre alla fanciulla.
“Te lo prometto, madre… ma tu non lasciarmi, non lasciarmi…” Il viso di Isabella era ormai segnato dalle copiose lacrime che scendevano senza sosta.
“Oh piccola mia… sei pronta… tu sei pronta… ora vai…” Renee lasciò la mano di Isabella, che venne portata nelle sue stanze dalla balia.
Fuori dalla sua porta chiusa Isabella udì un tumulto.
“Voglio vederla, lasciatemi passare!” Tuonò la voce ancora da ragazzo di Edward.
La porta si spalancò e Isabella corse tra le braccia dell’amico, che la strinse forte a se senza parlare.
Pianse a lungo, ed Edward non lasciò mai la sua presa.
***

Sei anni dopo.

“Ma non sei curiosa?” Lady Angela chiese ad Isabella che non riusciva in alcun modo a leggere nulla del libro che aveva in mano, date le allegre chiacchiere che oggi si scambiavano le sue amiche godendosi il sole estivo nel grande giardino della tenuta Swancaster. Isabella era piuttosto infastidita da tutto il trambusto di quei giorni. E conosceva bene il motivo del suo fastidio. E del trambusto.
“No, affatto.” Rispose seccamente all’amica.
“Oh, andiamo, oggi arriveranno tutti! Sir Jasper di Whitlocksdale, Sir Benjamin di Norloff, Sir James di Hunterback, Sir Edward di Cullen-“
“Lo so che arrivano tutti. E so anche il perché. E vi ripeto per l’ennesima volta che non mi interessa. Io non voglio sposarmi!” Isabella affermò guardando negli occhi l’amica incredula.
“Che sciocchezza. Devi sposarti! Tutte dobbiamo prendere marito. Vuoi rimanere zitella? Non vuoi un marito che ti protegga, che ti dia sicurezza, una posizione, e che scaldi le tue notti? Mh?”
Bella arrossì violentemente alla menzione delle calde notti, e non poté fermare la sua vivida immaginazione che era corsa istantaneamente ad Edward di Cullenshire e a come potesse essere tra le sue braccia… nudo e affannato. Sbuffò a quel pensiero indesiderato e si sforzò di immaginare Sir Jasper, il gentile e affabile cavaliere del nord che spesso si era trovato al castello a discutere su chissà cosa con suo padre Lord Charles. Si, preferiva decisamente pensare a quel tipo di marito: docile, generoso, gentile, sorridente e galante. Tutto ciò che non era Cullenshire. Edward era strafottente, irascibile, autoritario, indomabile e... bello come nessuno. 
“Già…” Mormorò Isabella presa dai propri pensieri e ancor più infastidita di prima.
“Già!” Rise Angela diabolicamente. “Non hai… desideri? Non vuoi essere presa da un bel cavaliere ed essere appassionatamente sua tutte le notti? Oh, per quanto mi riguarda, io non vedo l’ora. Sono stufa di essere vergine.”
“Lady Angela di Weberland! Cosa dici? Sei impazzita? Lo sai che la virtù è il nostro bene fondamentale! Ancor più delle ricchezze! Come osi solo pensare di darla via?” Sbotto Isabella sorpresa dall’affermazione dell’amica.
“Oh, virtù! Gli uomini fanno quello che vogliono, anzi più ne fanno e più questo li rende appetibili, e noi? Noi non possiamo fare un accidenti di niente! Se anche venissimo solo sorprese a dare un casto bacio, saremmo costrette a sposarci o saremmo marchiate con l’onta del disonore! Non è giusto!” Sibilò a denti stretti l’amica livida in viso.
Evidentemente era proprio impaziente di maritare.
Isabella addolcì il tono per imbonire la sua cara amica. “Angela, mia cara, sono sicura che Sir Benjamin si farà aventi presto. Ho notato come ti guardava l’ultima volta, sai?”
Lady Angela arrossì lievemente. “Mi ha baciata.” Sussurrò.
“Cosa? Quando?” Alzò la voce Isabella.
“Shhh! Vuoi che ci sentano tutti? Nel granaio, l’ultima volta che è stato qui.” Le rispose a bassa voce.
“Oh! E… e com’è stato?” Isabella chiese immediatamente. Non è che potesse farlo con le donne adulte al castello, dato che avrebbero chiacchierato un po’ troppo su quel tipo di richiesta e probabilmente le voci sarebbero arrivate dritte dritte all’orecchio del suo attento padre.
“Oh… è bellissimo… senti i brividi… e ne vuoi sempre di più…” Dichiarò sognante l’amica.
“Più baci?” Chiese ingenuamente Isabella, ora divorata dalla curiosità.
“Più tutto…” Ormai Lady Angela era nel proprio mondo a sognare del suo Benjamin.
“Oh. Bè, rimane il fatto che io non desidero sposarmi. Voglio essere libera, voglio prendere le mie decisioni senza rispondere a nessuno, voglio essere padrona della mia vita e fare quel che più mi aggrada.” Terminò Isabella in modo solenne. Si, il suo discorsetto la soddisfaceva appieno.
“Buon pomeriggio, signorine. Lady Angela, Lady Jessica… Lady Isabella.”
Isabella non vedeva Edward da un bel po’ di tempo e non si aspettava di vedere praticamente un uomo. E quella non era mai stata, fino ad allora, la voce con cui si era sempre presentato al suo cospetto, o, più correttamente, la voce cristallina e allegra che la faceva sobbalzare e che la canzonava. Quegli allegri toni ora avevano lasciato il posto ad una musica calda e suadente, quasi ipnotica.
Evidentemente quest’ultimo periodo aveva, di certo, anzi più che certo, giovato al ragazzo.
Isabella lo guardò da capo a piedi, non ricordandosi affatto le buone maniere e ammirando, senza timore di rivelare i suoi pensieri, il bel giovane.
Indossava braghe bianche e alti stivali di cuoio. Aveva la giacca slacciata e la camicia mal riposta nei suoi pantaloni. E una lunga spada che ora teneva impugnata in maniera distratta e disinvolta. 
Non riuscì a fare a meno di ammirare la lunghezza delle sue gambe tornite, delle sue dita affusolate, del suo busto longilineo e forte. Né riuscì a distogliere lo sguardo da quel viso cesellato dal più abile degli scultori, né dalla sua lingua che, priva di vergogna,  inumidiva le labbra alla vista di lei.
Egli guardava solo lei.
Come quella volta al fiume. 
Con la sottile differenza che il suo sguardo ora era sicuro e controllato, ma non meno privo di desiderio.
Lo stesso che provò lei. Istantaneo. Violento. Fastidioso da morire.
“Sir Edward, buon pomeriggio. Vestito in gran fretta?” Ironizzò lei, stizzita al pensiero di Edward ricomposto frettolosamente dopo qualche caldo incontro. Si, lo sapevano tutti, Edward era a malapena un uomo, ma si dava molto da fare da un po’ di tempo a questa parte. Le voci correvano velocemente, sia al castello che in città. Servette condiscendenti e damine vogliose di avere la possibilità di un titolo, si gettavano ai suoi piedi soddisfacendo qualsiasi richiesta, ed Edward non era certo tipo da non approfittarne.
Edward non era uno stupido. Conosceva Isabella a menadito. Sapeva bene come infastidirla, come incuriosirla, o come eccitarla.
Isabella lo vide allargarsi in quel mezzo sorriso che aveva imparato ad ama- a detestare per quello che le istigava nel suo giovane corpo innocente, così come vide bene la sua mano grande e forte dapprima accarezzarsi languidamente il torace per poi discendere lentamente verso… la parte della camicia che avrebbe dovuto essere sistemata meglio nei pantaloni. 
Seguì tutti quei movimenti con occhi attenti e rapiti, e sentì il suo basso ventre contrarsi in maniera… piacevole.
“Affari. Non procrastinabili.” La sua voce di seta la ridestò dal viaggio che stavano compiendo i suoi occhi e la sua mente.
Isabella si ricompose bruscamente e si trovò mille volte più infastidita di prima. 
Il doversi sposare, il padre che non comprendeva il suo spirito, le cose che non poteva fare, i desideri del suo corpo sempre più pressanti che non poteva esaudire, ed Edward… lì a ricordarle quanto la sua mente e il suo corpo fossero fuori posto, non in linea con tutto ciò che dovevano essere. Ma soprattutto quel chiaro senso di gelosia che provava nel solo pensare a Edward e ai suoi affari improcrastinabili.
Se solo lui sapesse quanto improcrastinabili fossero quelli di lei in questo momento. Dio del Cielo, che rabbia!
“Posso solo immaginare, io. A me non è permesso partecipare ad alcun affare, in nessun senso.” Rispose più che seccata mentre si alzava e si sistemava il bell’abito composto da quella tortura di gonne, sottogonne, troppi lacci e dolorose stecche.
Lady Angela e Lady Jessica non avevano tolto lo sguardo di dosso dal cavaliere più bello del regno, neanche per un istante, completamente rapite e intrigate dai modi di Edward e dalla sua trasudante sensualità. Pensieri proibiti, si, ma che lasciavano correre liberi nell’intimità della propria mente.
Ma Edward non aveva occhi che per lei, la sua amica di sempre, la sua compagna di giochi prediletta, la donna che gli rapiva la mente in maniera costante, anche quando il suo corpo era impegnato a trarre piacere da donne consenzienti o dalle sue stesse inarrestabili mani ogni qual volta pensava a lei, chiedendosi come sarebbe stata lei, Bella, fremente tra le sue braccia, delicata nei suoi baci, umida del suo seme. Mani che ora avrebbe voluto far correre sulla di lei pelle candida e morbida, accarezzando o brutalizzando.
Quella giovane donna era il suo stigma, la sua maledizione, il suo tormento.
E possedeva il suo cuore da quando egli avesse ricordi.
“Perché? Vorreste?” Replicò Edward inseguendo un’Isabella che aveva iniziato a camminare rigidamente ma senza meta, voleva solamente allontanarsi da occhi e orecchie indiscrete. 
Lei si bloccò e si voltò di scatto con occhi sbarrati. Non era certo in quel senso che intendeva. O forse si?
“Ah… no, io… io intendevo solamente che a voi uomini è permesso tutto, qualsiasi comportamento, qualsiasi attività, qualsiasi scelta. Mentre a noi donne è riservato l’altocompito di scegliere marito, procreare e ricamare. E’ ridicolo.” Aveva aggiunto infine a denti stretti.
Edward sorrise, comprendendo la stizza della sua amica, dato che la conosceva profondamente e aveva imparato a capire la sua natura indomabile. Però gli piaceva troppo giocare con lei, non l’avrebbe consolata e non le avrebbe svelato la sua comprensione. Non era divertente. Ed Isabella rivelava il suo vero spirito, quello che Edward adorava più di ogni cosa, solo quando era stuzzicata e si liberava di tutte le strutture precostruite dalla sua educazione.
“Oh, ma per procreare bisogna essere in due. Credo che trovereste quell’attività piuttosto stimolante e piacevole.” Sussurrò avvicinandosi a lei.
Isabella iniziava a sentire quel calore strano che la pervadeva ogni qual volta Edward si avvicinava. O quando la faceva arrabbiare, anche. Ora non era molto sicura di quale delle due ipotesi si trattasse.
“Oh, davvero? E scommetto che voi avete una vasta esperienza in merito, non è così? Avrete di certo procreato dissennatamente, mettendo al mondo poveri bastardi ignari della propria origine e-e-e… spezzando cuori di povere fanciulle che avrete di certo sedotte usando chissà quali artifici!” Sentenziò Isabella quasi sputacchiando, vittima delle immagini che la sua stessa mente produceva suo malgrado.
Edward alzò le sopracciglia divertito nel vedere Isabella iniziare a perdere le staffe. Stava balbettando, e quello era il chiaro segnale che Isabella era nervosa. Oh, e quale visione era lei in questo istante, affannata, colorita in viso, con occhi spalancati e finalmente vivi.
“Nessun artificio, vi assicuro. Tutta natura. E di certo non spezzo cuori a nessuno, sono sempre estremamente chiaro e diretto nelle mie intenzioni. Che volete fare, mia cara, le fanciulle non possono resistere al mio fascino.”
“Fascino! Io credo invece che siate voi a non poter resistere a correre dietro a qualsiasi gonna disponibile in tutto il regno! Oh, siete incorreggibile! Ma io so bene come vi comportate e che arti adoperate per raggiungere i vostri scopi di bassa lega!” Ormai Isabella non controllava più ciò che le usciva furiosamente dalla bocca.
Bocca che Edward trovava estremamente invitante, specialmente ora.
“Davvero? E come lo sapete?” Ghignò, sapendo bene dove sarebbe arrivata lei ormai a briglia sciolta.
“Ho parlato con una persona in città, se volete saperlo.” Alzò il mento come se avesse detto una cosa di tutto rispetto.
“Chi?” Si avvicinò Edward con sguardo malizioso.
“La… la fanciulla del pane. Ecco.”
“La fanciulla del pane… oh, si… Fiona… gran bel...mmmh…” Rispose lui senza aver intenzione di terminare la frase. Ma non ne ebbe bisogno.
“Non osate! Non in mia presenza! Oh, siete senza limiti! Dovreste avere più rispetto per le donne! Dovreste apprezzarle per il loro spirito, per il loro intelletto, per le loro doti, e non per quanto abbiano grande il- il- il … il loro deretano!”
“Oh, ma io apprezzo le loro doti. Tutte. E non parlavo del, uhm, deretano di Fiona, Isabella, ma del suo carattere… Siete voi, invece, che ultimamente portate sempre il discorso verso il lato sessuale. Come mai, Isabella? Cos’è che vi infastidisce tanto? Sembra piuttosto che siate voi a pensare sempre e solo a quello… soprattutto per quanto mi riguarda… oh… siete gelosa…” Ormai era solo a qualche centimetro da lei. Qualche centimetro e avrebbe potuto assaporare quella pelle diafana e perfetta.
“Gelosa?! Io?! Non fatemi ridere. Tengo troppo alla mia intelligenza per permettermi anche solo il pensiero di voi… e… e me.”
“Voi e me… mi piace molto… dimmi Bella… dimmi esattamente a cosa pensi quando ti intrattieni al pensiero di noi due…dimmelo.” Edward aveva abbandonato definitivamente le formalità. Ora erano solo Edward e Bella non più Sir Edward di Cullenshire e Lady Isabella di Swancaster. Ora erano solo loro due, privi di infrastrutture, privi di titoli, privi di nascondigli, occhi negli occhi, respiro nel respiro.
Isabella ora vedeva solo le sue mani, la sua bocca, la sua pelle nuda, mentre lui la prendeva nel più antico dei modi. Non dolce, non amorevole, ma in maniera animale, incontrollata e assolutamente erotica. Quasi le sembrava di sentire il suo respiro addosso, quasi le sembrava di sentire i suoi gemiti mentre la prendeva con la forza. Oh si, Isabella era sempre stata curiosa e si era trovata spesso a spiare coppie clandestine all’interno dei posti più strani del castello. E si era sempre trovata ad essere dannatamente e peccaminosamente eccitata da quello che vedeva e che sentiva. E le piaceva intrattenersi al pensiero di Edward a fare le stesse cose a lei, di nascosto, di fretta, dominato esclusivamente dal bisogno di averla. La prima volta che si era permessa davvero di lasciarsi andare alle sue fantasie le era accaduta una cosa incredibile, il corpo le si era completamente scosso senza che nemmeno riuscisse a raggiungere con le mani quella parte che quasi le doleva. Mani che con il tempo aveva imparato ad usare per dare sollievo a quel terribile bisogno che poi la faceva correre a confessarsi colma di vergogna e che la faceva impazzire perché il protagonista di tutte le sue fantasie era sempre lui. 
Edward.
Edward.
Edward.
Oh, quanto lo detestava.
Non poteva più resistere. 
Lo prese per il bavero e lo baciò con prepotenza, non sapendo nemmeno cosa facesse, guidata solo dall’istinto di avere la bocca su quella di lui, così perfetta, così morbida e così irritante.
Dopo un attimo di esitazione per la sorpresa di quello slancio così focoso, le braccia di Edward corsero a stringerla e le sue mani si distesero come per afferrare tutto ciò che poteva, tutto ciò che sognava da tanto tempo, tutto ciò che Isabella era disposta a dargli. La sua bocca rispose in maniera vigorosa a quelle labbra decise ma inesperte, e muovendo le sue labbra riuscì a domare l’impeto di Isabella che per un attimo si sciolse nella meraviglia di quel bacio che mai nei suoi sogni era stato così intenso. Non poteva capire, non poteva sapere, non aveva idea dell’energia sprigionata da quell’atto, della risposta potente di tutte le sue membra. Il suo cuore sembrava cavalcare all’impazzata, i suoi polmoni sembravano scoppiare per la mancanza di respiro, il suo corpo tutto ora desiderava cose inimmaginabili. Era troppo.
In un atto di risoluzione estrema, Isabella lo spinse via e la sua mano lo colpì forte sulla guancia.
“Non toccarmi! Non toccarmi! Non ti azzardare mai più Edward di Cullenshire! Non ti avvicinare più a me! Non rivolgerti più a me! Non incrociare di nuovo i miei passi! O la pagherai cara! Mi hai sentito?! Non-non-non… oh, mio Dio…” Disse Isabella con il fiato grosso, sembrava avesse corso più velocemente che mai, tanto che il suo cuore faticava a rallentare. Lo stava respingendo, stava respingendo un atto che lei stessa aveva iniziato, un atto talmente naturale, talmente potente, talmente giusto che si rifiutava di concepire, di comprendere, di giustificare. Sentiva solo i suoi pensieri contrastanti che la stavano conducendo alla follia. 
Ma più di tutto, non voleva concedersi in quel modo ad Edward.
Oh, si invece. Voleva. Voleva fortemente. Voleva come non aveva mai voluto null’altro in tutta la sua vita. Ma non poteva. Non così. E soprattutto non con un Edward da cui era appena scappata via lasciandolo con un sorriso soddisfatto a leccarsi le labbra! Come se avesse appena pasteggiato con cibi deliziosi! Inaudito!
“Sir Jasper! Sir Jasper! Oh… eccovi qui finalmente… ero… ero molto ansiosa di poter conversare un po’ con voi” Intravide Jasper al di là dell’immenso giardino e decise d’un tratto di terminare la sua folle corsa via da tutti quei pensieri e focalizzarsi su qualcosa di… innocuo.
Le piaceva molto Jasper, trovava la sua compagnia rilassante e non disturbava il fatto che fosse un giovane di bell’aspetto.
Incrociò subito il braccio al suo gomito e cercò di sorridere.
“Lady Swancaster, con molto piacere.” Le rispose lui affabilmente mentre notava l’aspetto un po’ affannato di Isabella. “Vi sentite bene? Sembrate affaticata.”
“Oh, ho corso.” Le rispose lei ancora a corto di un linguaggio un po’ più elaborato e senza alcun freno.
“Corso?! Non è un bene che una dama come voi… corra. E’ accaduto qualcosa di spiacevole?” Rispose lui sorpreso.
Isabella sbuffò internamente al fatto che una dama non corre e rispose con sincerità, tanto per cambiare…
“Si. No. Ancora non lo so. Ma non parliamo delle mie sciocchezze, piuttosto, come trovate il vostro soggiorno al castello? E che mi raccontate dei vostri trascorsi da cavaliere?” Puntò ad argomenti neutri per distrarsi da quel tumulto emozionale che l’aveva appena investita.
Mentre passeggiavano adagio sotto le fronde dei verdeggianti alberi vestiti d’estate, i due giovani videro un furibondo Edward avanzare a passo di carica verso di loro.
“Whitlocksdale. Venite con me.” Disse in tono secco all’amico. Jasper ed Edward erano amici di lunga data e facevano parte della guardia reale. Edward era cugino diretto del re, il quale sapeva che poteva fidarsi per missioni diplomatiche e per scorta al bisogno. Al momento il regno era stabile, ma il confine con la Scozia era sempre sotto costante protezione a causa dei ripetuti tentativi di invasione, e la stabilità non era mai garantita, soprattutto se la Scozia riusciva ad allearsi con altri regni, e l’Inghilterra aveva per nemici tutti i regni conosciuti.
Jasper si scusò con un lieve inchino ad Isabella e seguì senza fiatare l’amico.
Giunti alle scuderie però, Jasper chiese conto ad Edward dell’interruzione.
“Cosa succede? Va a fuoco qualcosa?” Chiese in tono ironico. Non sapeva bene i dettagli, ma era abbastanza sicuro di cosa infastidisse l’uomo che camminava facendo tanto rumore.
“Dobbiamo allenarci.” Rispose Edward in tono brusco, iniziando a togliersi la giacca.
“Cosa? Ora? Qui? Edward, che ti prende? Siamo nella dimora degli Swancaster, non in un’arena da combattimento. Sono venuto qui per-“
“Per?!” Digrignò Edward interrompendolo e sguainando la spada.
“Che diamine stai facendo? Quella è la tua spada, non è per allenamento.” Rispose Jasper ora visibilmente alterato.
Edward si avventò sull’amico ancora indifeso e gli puntò la spada alla gola.
“Edward.” Mormorò l’amico in monito.
MMMGH!” Ruggì Edward gettando l’offensivo arnese in terra e allontanandosi a passo furente verso il castello.
Jasper rimase li ad osservarlo, sapendo bene cosa infastidiva tanto l’amico fraterno e non pensando nemmeno per un istante che l’avrebbe colpito. Forse. E forse quello zuccone aveva bisogno di dichiararsi al più presto, prima che potesse perdere di nuovo le staffe in offesa a qualcuno meno comprensivo di lui.
***

La mattina dopo era di nuovo splendida ed Isabella aveva tutta l’intenzione di approfittare di quel sole estivo tanto caldo e piacevole. L’Inghilterra non offriva spesso belle giornate e in estate era sempre tempo per feste, tornei, celebrazioni, fidanzamenti… 
No, meglio non pensarci.
“Isabella, piccola mia.” Ecco, appunto.
“Padre.” Gli rivolse l’inchino di rito in rispetto.
“Vieni, gioia mia, passeggiamo e discorriamo un po’, vuoi?” Le chiese lui offrendole il braccio.
No, no, non voglio. Lei si lagnò nel pensiero. Ma lo seguì nondimeno.
“Ti stai divertendo in questi giorni? Hai… hai già avuto occasione di parlare con tutti i nostri ospiti?” Chiese Lord Charles cercando di mantenere un tono vago.
“Splendide giornate, vero?” Sorrise ampiamente lei al cielo, sperando di deviare l’argomento.
“Isabella.” Ammonì il genitore, guardandola severamente.
“Oh, padre… no, non ho avuto modo di parlare con tutti. Ma suppongo che avrò questo onore al ballo di stasera, no?” Sbuffò lei.
“Se riesci a tenere a freno la lingua e quel tuo temperamento tutto francese… forse riuscirai a trovare un giovane di tuo gusto, finalmente.” Borbottò lui.
“Il mio temperamento tutto francese è come quello di mia madre. Vi siete innamorato di lei, o mi sbaglio? E poi lo sapete che io non ho la minima intenzione-“
“Ora basta! Sono esausto di avere sempre questa conversazione con te. Hai superato abbondantemente l’età da marito, ed è il momento di stringere i tempi. Ho invitato qui metà regno per trovarti un marito. Scegline uno e poniamo fine a questo strazio.”
“Strazio?! Ma padre, io non voglio scegliere un bellimbusto qualsiasi! Io voglio un uomo in grado di sostenere una conversazione intelligente! Voglio una persona che mi reputi sua pari e non una sua sottoposta o schiava o fattrice! Non sopporto questa costrizione, non è giusto che debba maritarmi in ogni caso!”
“Giusto o non giusto, è tempo. Tu sei in età, io sono vecchio e il regno ha bisogno di alleanze più strette. Devi sposare. Ora.” 
“Madre vi ha sposato per amore. Io le ho promesso…” Sussurrò dopo qualche istante Isabella, guardando negli occhi suo padre. Quegli occhi così severi, ma così pieni di affetto per lei. Isabella non era contraria al padre, tutt’altro, capiva esattamente cosa intendeva, capiva che la voleva protetta e capiva che qualcosa stava cambiando nello scacchiere delle alleanze del regno. Aveva sentito voci di un’imminente guerra e la cosa l’aveva spaventata non poco. Quello che straziava Isabella internamente era il fatto che nonostante volesse con tutto il cuore essere una brava figlia e una degna Swancaster, voleva anche cose impossibili per la sua condizione, voleva anche cose proibite per educazione o per religione. Si sentiva intrappolata, inespressa, frustrata. 
“Sono stato molto fortunato. Molto. Amavo tua madre. Ho sfidato alleanze precostituite sposandola. Il tuo spirito è… insopportabile come il suo. E l’amavo con tutto me stesso. Ma tu hai molto di me, anche.” Fece una pausa guardandola molto seriamente, come mai prima. E Isabella vide un lampo balenargli negli occhi. “Devi fidarti di me, Isabella.” E con questo la lasciò, allontanandosi con passo deciso. E sorridendo, anche, ma Isabella non vide la sua espressione.
“Ngh!” Bofonchiò lei, dando voce al suo spirito insopportabile.
Si diresse dietro le scuderie, sperando di trovare distrazione e non volendo pensare ai preparativi per quel ballo che avrebbe sugellato chissà quali accordi con quella patetica scusa del matrimonio. Iniziava ad odiare quella parola.
“Alza la guardia!” Udì poco prima di arrivare dai suoi amati cavalli. Era la voce di Edward. Si sentì percorrere da un brivido improvviso a quel tono fermo di comando. Si avvicinò un po’, non vista, e osservò la scena di fronte a lei. Edward e Jasper stavano duellando con spade strane, erano più grandi del solito ed erano di legno. 
Rimase a lungo a fissare scrupolosamente ogni mossa delle loro armi, delle loro gambe, delle loro braccia. Erano eleganti e svelti nelle loro azioni che sembravano collaudate. Sembrava quasi una danza. Era rapita dalla bellezza intrinseca di quei gesti. Era un combattimento, ma c’era qualcosa di rispettoso nei loro movimenti, qualcosa che rivelava una dura disciplina e regole ferree, qualcosa che ora le solleticava e le faceva vibrare tutte le membra. Guardava Jasper studiare l’avversario, usare il suo corpo come una macchina perfetta, anticipando, deviando, affondando, era come osservare un maestro, una guida. Poi rivolse lo sguardo a Edward. Era differente, non nella postura o nei movimenti, ma negli atti stessi che sembravano essere mossi quasi da una passionalità. Avevo lo sguardo concentrato, guizzante, vivo. E al contrario del suo avversario, sferrava colpi accompagnandoli da grugniti… un suono accattivante, eccitante… che la faceva respirare sconnessamente, imitandolo senza accorgersene. Non guardava la tecnica in lui, no, guardava il fremito dei suoi muscoli, il disegno che creavano i suoi abiti spiegazzati su ogni protuberanza e valle del suo corpo, braccia, torace, bacino, cosce. Deglutì rumorosamente in cerca di idratazione e di fiato a quella vista.
Senza smettere di fissare l’avversario, Edward volse gli occhi per un attimo verso di lei. Un attimo, un attimo solo. E Jasper ghignò. E si arrese.
“Isabella. Avete gradito lo spettacolo?” Edward si rivolse a lei, ancora con il fiatone, come lei, e asciugandosi il viso con la manica della camicia semiaperta, che rivelava parte del suo petto villoso.
Avevano lo sguardo incollato, muti per qualche attimo, il tutto per il silenzioso, personale divertimento di Sir Jasper.
“Molto educativo.” Rispose lei alzando il mento. Un gesto inconscio che Edward adorava e che gli diceva invariabilmente che Bella stava cercando di mascherare altri tipi di emozioni. Cosa che lui intendeva svelare. 
“I miei rispetti, Lady Isabella. Siete una visione quest’oggi.” Li interruppe Jasper.
Ed Edwardo lo fulminò con lo sguardo. Jasper sorrideva beffardamente, si divertiva all’inabilità dell’amico di gestire i propri sentimenti. Cosa che lui vedeva chiaramente. In entrambi.
“Mi tolgo di mezzo…” Sussurrò poi, molto più che divertito, e udendo chiaramente la risposta bofonchiata sottovoce di Edward, che somigliava molto ad un “Ecco, bravo.”
Rimasti soli, i due giovani non sapevano bene cosa fare. Oh, Edward aveva delle immagini piuttosto vivide nella mente, ma non era ancora tempo.
Isabella guardava distrattamente il panorama - gli alberi circostanti, non Edward nello specifico – mentre Edward giocherellava con la spada rimastagli in pugno.
“Volete provare?” Chiese lui d’improvviso, agitando mollemente lo spadone.
Isabella, sempre curiosa e sempre vogliosa di fare tutto ciò che era impensabile per una Lady, rispose prontamente. “Oh, si!”
“Bene. Venite qui.” Le comandò lui. Il suo tono ora era militare. Ed Isabella si trovò ad obbedire istantaneamente, eccitata e infastidita al tempo stesso per la risposta immediata avuta dal suo corpo prima che dalla sua mente.
Edward le offrì la spada appena lasciata in terra da Jasper.
“Tenetela su. Dritta. Impugnatela saldamente. Dovete sentirla. Dovete credere che sia un prolungamento del vostro braccio. Ecco, così… “ 
Le stava dietro. Il suo corpo ora la avvolgeva. La sua mano destra impugnava quella di Isabella stretta sull’elsa, mentre la mano sinistra, completamente aperta, le afferrava la sottile vita sul davanti, come nel reclamare un possesso. Le piaceva. Sentiva il suo alto caldo a lato del viso. Poteva sentire il calore del suo corpo sulla schiena. Era cullata dalla sua voce sicura, decisa, bassa. Era percorsa da brividi che non poté controllare.
“La sentite? Sentite che vi appartiene, che è vostra, che ora fa parte di voi?...” Le sussurrò all’orecchio. Non guardava la mano di Isabella, ma osservava da vicino il candore della sua pelle leggermente colorita sulle gote, guardava il fluttuare delle sue palpebre in cerca di una concentrazione che sembrava sfuggirle, sentiva il suo respiro irregolare che lei cercava disperatamente di domare. Sentiva il suo corpo aderente al proprio. Perfetto. E perfettamente complementare al suo. 
Anche Edward ora aveva il respiro alterato. 
E i pantaloni un po’ più scomodi.
“Si…” Sussurrò lei, lasciandosi andare completamente alla perfezione che ora anch’ella percepiva chiaramente. Poi voltò il viso verso di lui, presa dalle sensazioni per quel bacio del giorno precedente che l’aveva perseguitata tutta la notte.
Voleva di nuovo baciarlo. Voleva ancora sentire, provare. Volare.
Edward fece appello a tutta la sua forza per distaccarsi da lei.
“Bene. In guardia.” Le intimò schiarendosi la voce e posizionandosi dinnanzi a lei ad una distanza consona per un duello.
“Oh… Oh!” Cercò di riprendersi lei dalla momentanea perdita di coerenza.
Edward la guidò in movimenti lenti, dicendole sempre cosa fare e come sferrare colpi e pararli. Era davvero una danza, pensò Isabella. E iniziava a capire la tecnica e a trarne divertimento.
“Non ridacchiate. In combattimento non si ride, Isabella. Al massimo potete essere derisiva, ghignare all’avversario, fargli capire che lo avete sempre sotto controllo facilmente.” Le intimò Edward divertito.
“Non ci riesco! E’ troppo divertente! E’ così che fate in battaglia? E’ tutto qui? Bella la vita degli uomini!” Rideva Isabella anche per schernirlo, mentre rispondeva ai colpi come insegnatole da Edward.
Edward decise che era arrivato il momento della fine dei giochetti, così con un colpo secco di spada la disarmò facilmente e senza che Isabella potesse accorgersene, le andò dietro stringendole con una mano il collo e con altra puntandole la spada alle costole.
“Ah-ah! Lady Isabella. Mai deridere un avversario più abile di voi. Vi trovereste in una posizione alquanto spiacevole.” Le sussurrò all’orecchio.
Isabella era affannata dal movimento, eccitata dal gioco, il sangue correva veloce nelle sue vene e la sua pelle sembrava pizzicarle in maniera piacevole. E la vicinanza di Edward non faceva che dare fuoco al fuoco.
“E chi vi dice che sia spiacevole?” Le rispose lei con un tono di voce che nemmeno sapeva le appartenesse, guardandolo con la coda dell’occhio.
Udì poi il respiro distaccato di Edward in sorpresa alla sua domanda. Sentì la sua mano cingerle fermamente collo e mento, mentre il suo pollice la sfiorava con movimenti lenti ma sicuri.
D’improvviso la lasciò. 
Di nuovo!
“Non date inizio ad un gioco che non sapete come gestire, Isabella.” Le disse senza guardarla e raccogliendo la giacca abbandonata su di  un tronco basso.
“E voi si? Sapete come gestirlo questo gioco, Edward?” Gli rispose schernendo il suo nome. Quando erano soli lui la chiamava sempre Bella, e oggi non lo aveva fatto. Si, d’accordo, gli aveva sempre chiesto di non farlo, ma lei se lo aspettava, lo voleva. Sapeva che quando Edward abbandonava il ‘voi’, cercava l’anima di Isabella, l’intimità di Isabella. Intimità che ora lei voleva con tutte le sue forze, ma che non era riuscita ad ottenere.
“Molto più di quel che credete. I miei rispetti, Lady Isabella.” Si inchinò lievemente e andò via.
Che uomo infuriante!
Ed era bello anche da dietro!
“Argh!”
***

Il ballo che si stava svolgendo ora non era solo per Isabella. Era altresì un’occasione per tutte le giovani in età da marito, era un rito che si svolgeva tutti gli anni a mezza estate, e ogni anno veniva tenuto in una contea differente. Era anche uno di quei rari casi dove vi attendevano tutte le contee del regno.
Ed era il modo più chiaro ed aperto per creare nuove alleanze. E nuove inimicizie.
Il tutto tra corteggiamenti, fidanzamenti schematizzati a tavolino, cuori infranti e molte, molte future nascite primaverili.
Isabella aveva danzato per la gioia di tutti i pretendenti, si era intrattenuta con più di un corteggiatore, qualcuno piacevole, altri sgradevoli, ed altri ancora orripilanti.
Si sentiva un animale all’asta.
Lady Alice le si avvicinò. “Hai visto quant’è bello Jasper stasera?” Le brillavano gli occhi. Ad Isabella brillavano certamente, ma a causa del vino trangugiato per sopportare la serata.
“Si Alice, è bello. E valoroso, e brillante.” Ridacchiava dell’amica completamente affascinata dal cavaliere.
“Oh, zitta tu! E togli le tue grinfie di dosso a lui. Lui è mio.” Scherzava l’amica.
“Sta’ pur tranquilla. Non ho intenzione alcuna verso Sir Jasper. Anche se… non mi dispiacerebbe affatto come marito. E’ un buon partito, e senz’altro sarebbe un amante gentile…” Si accarezzava volutamente il collo, ma solo per far infuriare l’amica.
“Per favore. Ti conosco a menadito, cugina, Sir Jasper non sarebbe di alcun interesse per te, e non lo comprenderò mai. Invece… a te piacciono le sfide. Piace  qualcuno che ti tenga sempre sulla corda, che desti il tuo interesse… qualcuno con ribelli capelli bronzei e occhi verdissimi…” La canzonò Lady Alice sapendo bene come stuzzicare la cugina.
“Non farmi ridere. Cullenshire mi fa solo irritare.” Le rispose lei, cercando tra la folla quei bei capelli sempre spettinati ma sorprendentemente perfetti. Uff!
“Mh-m. E dove esattamente ti fa irritare?” Canticchiò Alice.
“Mary Alice di Brandonburgh! Dovresti vergognarti di solo pensare-“ Si voltò Isabella con occhi spalancati.
“Oh, su! Non mi verrai a raccontare che non ci pensi mai? Che non ti fai prendere dalla curiosità, dalla voglia di sentire come potrebbe essere tra le tue braccia, o… in mezzo alle tue gambe? Eh?”
Isabella era paonazza. Ci pensava si! Ultimamente anche spesso. Continuamente era la parola più appropriata.
Alice era un fiume in piena, questa sera, ed Isabella pensò di farla sfogare. Tanto non avrebbe potuto fare altro in ogni caso.
“Non c’è nulla di male, sai? Finchè la tua virtù rimane intatta…” Alice ora guardava apertamente Sir Whitlocksdale, il quale ricambiava piuttosto intensamente. Probabilmente la virtù di Lady Alice questa sera era in serio rischio.
“Lo vedo, sai? Lo vedo quanto ti sforzi di rifiutare questo pensiero. Non ti puoi focalizzare sempre su ciò che rifiuti. Pensa invece a ciò che ti piace, è più salutare e decisamente più piacevole. Dai, dimmi cosa ti piace di Sir Edward. E guarda che capirò se mentirai.” Ecco, ora aveva terminato, e ad Isabella non rimaneva che capitolare sotto lo sguardo vivace e attento della cugina.
Sbuffò rumorosamente e poco educatamente, ma decise di accontentarla.
“Cosa mi piace di lui? Uff… è intelligente. Molto. E’… divertente. Quando non è irritante, ovviamente. E tira di spada da maestro… Mi piace come cammina… mi piacciono i suoi occhi verdi ma che cambiano colore a seconda delle stagioni… o a seconda del suo umore… mi piacciono le sue mani, grandi, forti, ma dall’aspetto gentile…” Isabella era rapita dalle sue stesse parole, ma poté notare Alice che guardava direttamente dietro di lei. Oh no!
Spalancò gli occhi verso l’amica, la quale si congedò con un ampio sorriso. 
“Lady Isabella. Ballate con me.” 
Isabella si voltò inorridita per la vergogna, ma Edward sembrò essere più sorpreso di lei e lievemente accigliato.
Lo seguì al centro della sala ed iniziarono ad eseguire una danza tradizionale, molto lenta e molto cadenzata.
Lui la guardò a lungo negli occhi. Sembrava volesse leggervi qualsiasi segreto. Segreti che Isabella non voleva rivelare, ma fu incapace di sciogliersi da quell’invisibile contatto.
“Siete bellissima. Il verde vi si addice. E’ il colore della rabbia, sapete? E dei miei occhi…” Sussurrò in ultima parte.
Isabella credeva di diventare… verde! Che impudenza!
“Avete udito?!” Sussurrò a denti stretti.
“Ogni parola.” Ghignò lui, muovendosi seguendo i passi predefiniti della danza.
“Non era rivolto a voi.” Alzò il mento Isabella.
“Davvero?” Le rispose lui scettico.
“Davvero. Avete udito qualche nome? No. Ergo, parlavo di qualcun altro.” Continuò a danzare rigidamente.
“Whitlocksdale?” Chiese lui in parte per confonderla e in larga parte perché gli piaceva da matti giocare con lei.
“Forse.” Ribatté subito lei.
Edward sentì il sangue ribollire. Era geloso. Più che geloso. Anche se sapeva bene che Isabella stava parlando di lui e non dell’amico fraterno.
Capì, allora, che doveva fare un passo in avanti.
“Siete intelligente. Molto. Siete divertente quando non siete fastidiosamente irritante. Siete colta, curiosa e testarda. Mi piace. Mi piacciono i vostri capelli… assumono una tonalità scura di rosso quando brillano sotto al sole… mi piace la vostra pelle, il suo candore, il suo profumo… mi piace la vostra bocca rosea e piena… e baciarti è stata la cosa più bella che sia accaduta in tutta la mia vita…”
Erano vicinissimi ora, e completamente fermi al centro dell’enorme salone, ignari del movimento intorno a loro e di occhi discreti e indiscreti. Lui non le aveva lasciato la mano e lei non avrebbe potuto fare a meno di quel contatto in quel momento.
Isabella era sopraffatta dalle parole di Edward. Avrebbe dovuto saperlo. Avrebbe dovuto sapere che il suo amico di sempre la conosceva bene e l’apprezzava così com’era. Avrebbe dovuto saperlo. Perché lei lo aveva osservato ed apprezzato nello stesso modo da tutta la vita.
Ma era troppo. Era tutto troppo. Le danze, il vino, Edward.
La testa iniziò a girarle.
Corse via.
Corse verso le scuderie, il suo luogo prediletto per pensare e per trovare un po’ di pace, ma avvicinandosi udì dei rumori.
Gridolini.
Risatine.
Ansimi.
Grugniti.
Si appostò ben nascosta dietro una delle paratie per i cavalli, ma dalle cui larghe fessure poteva osservare la scena che si dipanava davanti a lei.
La servetta della cucina. Quella che si faceva il segno della Croce ad ogni rintocco d’orologio.
Hai capito, l’innocente?
Era tutta presa da Emmett, uno degli stallieri, un giovane nerboruto e molto allegro.
Sembrava molto allegro anche adesso.
Li guardò baciarsi apertamente, guardò la silhouette dei loro corpi al chiarore della lanterna, guardò le loro lingue muoversi in maniera selvaggia, le loro mani stringere ed afferrare alla rinfusa cercando di liberarsi dalle vesti, guardò lui portare una mano sotto di lei, che gemeva rumorosamente in estasi sotto il viso soddisfatto dell’uomo che con l’altra mano si liberò velocemente dei suoi pantaloni.
Vide svettare il membro di lui, vibrante e completamente eretto.
Oh.
Isabella non aveva mai visto un pene. Perlomeno non in azione e sicuramente non dal vero. Aveva molte volte sfogliato libri sugli studi di anatomia, quei libri che non aveva il permesso di leggere ma che molte volte avevano rapito la sua attenzione.
Ora sapeva dare una spiegazione alla spinta riproduttiva.
E che spinta poteva vedere ora!
Quella visione risvegliò in lei desideri tenuti malamente a bada, spesso non tenuti a bada affatto. Stringeva in una morsa mortale la parte superiore della sua gonna non distaccando mai lo sguardo dalla coppia di amanti. Quei sussurri, quei gemiti, quei movimenti, la stavano riscaldando oltremisura e sentì i suoi capezzoli irrigidirsi e la sua vagina contrarsi ritmicamente. Sentì del bagnato sul cotone delle sue mutande.
Non vedeva più lo stalliere.
Vedeva Edward.
Sentiva Edward.
Voleva Edward.
Le sue mani corsero di fretta ad alzare gli strati delle tanto odiate gonne per arrivare sul cotone ormai aderente al suo sesso inzuppato.
Aveva il fiato corto e deglutiva inutilmente, mentre usava la sua mano per cercare un sollievo a quel fuoco bruciante che la divorava internamente.
Improvvisamente si sentì stretta come in una morsa. Una mano sconosciuta a tapparle la bocca e l’altra a stringerla in vita. La stringeva come stamattina…
Edward.
“Shhh. Non un fiato. Ora toglierò la mano dalla bocca, ma tu non farti sentire.” Sussurrò caldamente e un po’ in affanno Edward all’orecchio di Isabella.
Lei annuì bruscamente sotto l’effetto della prorompente eccitazione.
Eccitazione cresciuta esponenzialmente ora che Edward era dietro di lei. Aderente alla sua schiena. Con l’elsa della spada che le premeva sulle natiche.
Ma prima non aveva la spada.
Oh…
Oh.
Oh!
Edward rilasciò la bocca di Isabella, la quale stava facendo una fatica sovrumana per regolare il fiato, ma trovò presto il compito impossibile.
“Bella, Bella, Bella… cosa stai facendo?... stai spiando due amanti… ti piace guardarli?... lo sai cosa stanno facendo?... mh?...” Sussurrò lui mentre portava una sua mano nella scollatura di lei e l’altra sopra la mano di Isabella ancora infilata sotto la gonna.
Dopo qualche attimo per cercare una risposta coerente, distratta enormemente dal tocco esperto di Edward, lei rispose.
“Stanno copulando… fanno l’amore?...” Sussurrò  senza smettere di guardare i due amanti ignari, in pieno coito.
“Mmm… no, non stanno facendo l’amore, Bella. Stanno fottendo.” Continuò nel suo sussurro, ma fu secco e deciso. E ansante anche.
“Oh.”  Fu la risposta argomentativa di lei. 
“Non mi hai risposto… ti piace guardarli?...” Mormorava lui continuando a toccarla delicatamente ma in modo deciso. E Isabella pensava di morire.
“Si…” Rispose in sincerità.
Edward non riuscì subito a parlare. Stava impazzendo di desiderio. Toccarla in questo modo… portarla al godimento… stava esplodendo… mai nella sua vita aveva avuto un tale desiderio e un tale trasporto, mai. E mai aveva indugiato troppo nel piacere della sua amante di turno, aveva sempre preso e pensato al suo esclusivo godimento. Ma aveva imparato molte cose.
“Sentimi… senti la mia voce… senti il mio tocco… concentrati su di me, Bella, concentrati su di te… sul tuo piacere…” Ansimava lui, voglioso di portare Isabella al culmine.
“Senti me… senti me…” Cantilenava lui perduto nel suo stesso piacere solo a toccare l’oggetto principe dei suoi desideri.
E Isabella lo sentiva. Sentiva solo lui ora. Lo seguiva nei suoi sussurri ansanti, nei suoi movimenti ondulatori. Era concentratissima sulle sue mani. Avrebbe voluto vederle, avrebbe voluto vedere il suo viso, ma non poteva muoversi, era troppo presa da quel piacere così acuto, crescente, dirompente.
“Io… io… ooohhh…” Cercò invano le parole, ma non sapeva quali e cosa pronunciare.
“Lasciati andare… la tua virtù rimarrà intatta… non stai facendo nulla di male… stai solo sentendo… godendo… Oh, Bella… sei magnifica… vieni… vieni per me… solo per me… adesso!” Digrignò lui pronto a sostenere quelle scosse che arrivarono immediatamente, mentre lui le portò una mano di nuovo alla bocca per soffocare il piacere che sapeva bene che ora lei voleva urlare.
Isabella cadde in una spirale di un’altra dimensione. Non esisteva più niente. Solo lui. Solo lui. Solo lui.
Sentì i suoi baci sul collo e sulla spalla. Baci aperti e umidi. Sentiva il suo respiro ancora forzato e non domato.
Poi non sentì più nulla.
E rimase lì, nascosta, al buio, cercando di capire cos’era successo.
***

“Isabella, ti ho fatto venire qui per darti notizie meravigliose!”
Lord Charles aveva fatto scortare, non sapendo bene se la testarda figlia l’avesse fatto di sua sponte, Isabella in una delle sale del castello. Vi era giunta in trepidazione, ancora scossa dagli avvenimenti della sera precedente, e vogliosa di confessarsi quanto prima, ma giunta nella sala trovò il padre felice come mai prima e Edward seduto mollemente sulla sua poltrona preferita, con una gamba penzolante da un bracciolo. Calmo e sorridente come se avesse vinto una battaglia.
“Padre. Sir Edward.” Si inchinò lievemente, insicura e impaurita da ciò che stava per accadere. Oh, e confusa più che mai. Se il padre avesse saputo dei loro trascorsi, non avrebbe di certo quel sorriso gioviale e dubitava che Edward avesse tradito così brutalmente la loro amicizia.
“Mia cara, è tutto definito, finalmente! Sir Edward di Cullenshire mi ha chiesto la tua mano e io ho accettato! Vino, presto Banner!” Si rivolse allegramente al suo attendente.
“Come?!” La voce di Isabella era diventata acuta e sforzata.
Strabuzzò gli occhi ad un Edward ghignante e tranquillo. Con il mento alzato, come faceva sempre lei!
“Cullenshire è l’uomo perfetto per noi- voglio dire, per te, mia cara, per te! Siamo alleati da lunga data e i nostri territori sono confinanti. Più forza per noi e più protezione per te. Perfetto! Allora? Questo vino?!” Urlò alla porta chiusa. Sempre sorridendo. Ma guardando la figlia di sottecchi.
“E quando sarebbe avvenuto questo accordo?” Isabella portò le mani ai fianchi. Non le importava un bel niente se non era da Lady, avrebbe voluto piuttosto una spada e sfettucciare i due cospiratori per non averla inclusa nella proposta.
“Ma poco fa, mia adorata ragazza. Edward è molto felice di fare di te sua moglie e io sono felice di darti in sposa ad un giovane tanto valoroso e d’onore.” Rispose il padre ora sull’orlo del conflitto aperto.
“D’onore! Meglio non parlare ora d’onore. E quando chiederete a me se sono felice di fare di Edward mio marito?” Isabella usò in quel modo le parole proprio per sottolineare la sua assoluta indefessa volontà di uguaglianza. Era questo che cercava in un rapporto da sempre. L’assoluta parità. Anche se questo la dipingeva agli occhi altrui come una pazza indemoniata. Ma sia il padre che Edward sapevano bene come trattare Isabella. Come avevano osato, prendere accordi senza ascoltare la sua opinione?
“Oh andiamo, Lady Isabella, sono sicuro che posso, di certo, assolutamente farvi felice. In effetti ho iniziato a farvi felice già da ieri sera, mi pare, quando-“
Isabella inorridì al solo pensiero che Edward rivelasse quello che…. quella cosa… quell’attimo di debolezza.
“Non osate!” Sibilò avvicinandosi minacciosa all’ormai fidanzato, mentre il padre era intento a versare un considerevole quantitativo del liquido rossastro in tre bicchieri. Dopo averne già trangugiato uno.
Edward era oltremodo divertito, e rispose ad Isabella passandosi la lingua sulle labbra. Naturalmente non visto da Lord Charles.
Isabella, naturalmente, rimase imbambolata in ipnosi alla vista della bocca di Edward. Ma era furiosa. Quindi il suo attimo perduto durò ben poco.
“Mi rifiuto.” Incrociò le braccia e alzò il mento in sfida.
“Inaccettabile.” Rispose il padre.
“Figuriamoci.” Girò gli occhi al cielo Edward.
“Su, Sir Edward, ditele quello che avete detto a me. Vedrete che cambierà idea.” Incitò Lord Charles al futuro genero. Ma pensò “Forse.”
“Isabella.” Iniziò con aria solenne Edward. Ma lei lo guardò con un sopracciglio alzato. Questo era l’Edward che la canzonava costantemente, ormai lo sapeva. “Il mio amore per voi varca ogni confine conosciuto, la vostra bellezza mi ha rapito, la vostra grazia mi ha deliziato, la vostra purezza… mi conforta in questo mondo di malizia e di dubbio comportamento… e la vostra indiscutibile docilità mi ha portato a chiedere la vostra mano. Siate la mia sposa. Rendetemi l’uomo più fortunato del mondo e datemi tanti figli maschi e forti per continuare a dominare queste terre.” 
Edward dovette fare ricorso a tutte le sue forze per non sbottare a ridere in faccia ai due parenti. 
Voleva Isabella. La voleva davvero. La voleva in moglie. E alle sue condizioni.
Dal canto suo, Isabella sembrò esplodere alla baggianate che il fidanzato stava infilando l’una dietro l’altra per il gusto e la delizia di suo padre.
La vostra grazia!
La vostra indiscutibile docilità!
Figli maschi per dominare le terre!
Che meraviglioso mistificatore! Che commediante sarebbe!
“Scordatevelo Cullenshire! Io non vi sposerò! Voglio Whitlocksadale.” Aggiunse sogghignando a beneficio di Edward.
“Whitlocksdale? Credevo avesse chiesto la mano di Lady Brandonburgh!” Esclamò il padre.
Isabella fu colta di sorpresa da quella novità.
“Si? Bè, allora non mi sposo e basta.” Puntò i piedi.
“Troppo tardi. Un corriere è già partito con l’annuncio degli sponsali al Re. Oh, su Isabella. Adesso basta con questa farsa. Sappiamo tutti e due che Sir Edward è il miglior marito per te. Sei testarda come la tua povera madre, che riposi in pace. E meriti qualcuno che ti tenga testa. Io sto diventando troppo vecchio. E tu hai bisogno di protezione e di sicurezza.”
Al dismissivo discorso del padre, Isabella girò i tacchi e andò via furibonda.
Lord Charles di Swancaster e Sir Edward di Cullenshire brindarono sorridenti e con sguardo malizioso al patto sugellato di fresco.
“Cullenshire, se la farai soffrire, assaggerai la mia spada.”
“Mai, My Lord. Io l’amo.”
Fu l’unica affermazione completamente sincera di Edward in quella mattinata assurda.
***

Il matrimonio fu celebrato una settimana più tardi, in solenne cerimonia e in presenza del Re. Proprio per ottenere la sua benedizione, Isabella fu costretta a convertirsi al Protestantesimo, cosa che fece con molta riluttanza e in cuor suo ne conosceva bene il vero motivo. Non era tanto religioso, che Dio la perdoni, ma quanto il fatto che ancora una volta fu lei a piegarsi ai voleri di un uomo. Quell’uomo che ora era diventato suo marito, signore e padrone. E a dire la verità non era infelice. Non lo era affatto. Era invece come pervasa da un sortilegio, eccitata, ansiosa, ma non riusciva a capirne le cause.
Banchettarono alla presenza di tutti, c’era musica e allegria, ed Isabella non riusciva a non pensare al suo sposo o, per meglio dire, alla prima notte di nozze. Lo ius primae noctis – pratica nella quale il signore del luogo prendeva la sposa prima del legittimo marito – era stato da tempo proibito, e l’usanza della presenza di testimoni alla prima notte di nozze avveniva solo tra i reali, ma “la prova” della prima notte doveva comunque essere mostrata il giorno successivo alle nozze per renderle valide. Isabella aveva sentito da chiacchiere di palazzo che la pratica era alquanto dolorosa la prima volta e non sapeva bene come affrontare la faccenda, non si era rivolta a nessuno per consigli e in questo momento le era mancata, più di ogni altra, la figura materna. Ma lei voleva, voleva consumare il matrimonio.
Edward osservava Isabella durante il banchetto, era felice come mai prima e guardava la sua sposa pensierosa e avvampata da improvvisi rossori. Sorrideva immaginando da cosa scaturisse il colore sulle sue guance. Conosceva Isabella e la sua mente selvaggia. Quando le diede piacere nella scuderia, avvolti dal buio e impossibilitati a muoversi, gli era accaduto di godere e di… finire… solamente guardandola prendersi tutto quello che lui le stava dando. Fu un’esperienza sconvolgente, determinante, che lo guidò dritto da Lord Charles il mattino successivo. Voleva lei, solo lei. L’aveva sempre voluta. Anche se sapeva bene che gli avrebbe reso la vita molto meno semplice che sposando una dama gentile e sottomessa. Non gli interessava quel tipo di rapporto. Lui voleva tutto di lei, il suo corpo peccaminoso e il suo spirito indomito.
***

Arrivarono nella loro stanza. Furono lasciati soli. Il grande letto era adornato con le sete e i tessuti più pregiati, il camino era spento dato che era estate, e dalle finestre entrava una fresca piacevole brezza.
Isabella rimase per un po’ fissa a guardare lo scenario che tra poco avrebbe visto le loro azioni, ormai benedette da Dio, esitando sul da farsi. Si versò del vino. Forse l’avrebbe aiutata in quegli attimi di imbarazzo.
Ma Edward non la lasciò prendere dall’insicurezza.
“Bene. Procediamo.” Disse a voce alta e sfregandosi le mani.
Isabella sobbalzò. “Procediamo? Cos’è? Un torneo?” Ribattè stizzita.
“E’ la pratica d’uso. Spogliati.” Continuo guardandola con la coda dell’occhio.
Ma Isabella si mise le mani sui fianchi. “E’ la pratica d’uso! Se non sbaglio, Cullenshire, questa notte dovrebbe essere una notte d’amore e-e-e…”
“Sei una Cullenshire anche tu, ora. Su, non fare tanto la difficile, so che muori dalla voglia di farlo anche tu.” Incalzò lui.
“Sono certa che Sir Jasper tratterà con le dovute maniere Alice.” Bofonchiò Isabella sottovoce cercando di raggiungere le allacciature del vestito dietro la schiena.
“E’ questo a cui stai pensando ora? A Whitlocksdale?” Grugnì Edward preso dalla gelosia che da un po’ di tempo provava per l’amico.
“Certo che no. Ora sono tua moglie, no? La tua schiava, serva, fattrice! Mi hai sposato per convenienza. Non ti sei mai dichiarato a me, ma hai stretto un patto con mio padre. Dimmi, che dote hai ricevuto per questo matrimonio? Non sono nemmeno stata messa al corrente di quello. Non sono mai stata messa al corrente di nulla io, come se fossi una stupida ragazzetta!” Si era quasi liberata del pesante orpello dell’abito nunziale. 
Edward notò ogni movimento e con piacere notò anche che era riuscito a distrarla.
“Non sei una stupida ragazzetta. Se ne avessi voluta una ne avrei trovate mille solo sulle mie terre. E la tua dote non mi ha mai interessato. Sai bene che il mio titolo e le mie terre sono più ricche delle tue.”
“Oh, e scommetto che le hai provate tutte queste mille, non è vero? Bè, sappi che io ho baciato Sir James!”
Mentì lei, solo per fargli dispetto e per contestare quel fastidioso pensiero di lui con mille donne.
“Cosa?! Quando?” Smise di spogliarsi lui.
“Uhm… prima che mi chiedessi in sposa ovviamente. Sono una Lady, non vado in giro afottere ogni cosa dotata di respiro.”
“Non è vero.” Si avvicinò lui predatorio.
“Co-cosa non è vero?” Si allontanò lei, ora impaurita.
“Non è vero che lo hai baciato. Stai mentendo.” La raggiunse accarezzandole languidamente il braccio scoperto. “Stai mentendo. Ti conosco Bella di Cullenshire. Quando menti arricci lievemente il naso, ti viene una piccola ruga proprio qui” E le baciò il naso. “Nessuno ti ha mai baciata… finchè…” Sorrise. “Non mi hai baciato tu. E’ stato sconvolgente… sei sconvolgente Bella…”
La baciò con tutta la passione che aveva, con tutto l’amore che provava. Un amore che non le aveva mai espresso, aspettando con ansia che lei davvero gli donasse il suo cuore, che fosse lei, la donna che voleva sempre essere uguale in tutto e per tutto agli uomini, a dirgli quanto lo amasse. Era punitivo in questo e voleva far finalmente capire ad Isabella che in amore non ci sono uguali, non ci sono parità, o schiavi o padroni. Ci sono solo uomini e donne, con il loro amore, la loro passione, il loro darsi l’un l’altra senza aspettare il giusto patto o il giusto scambio, ci sono solo donne e uomini che imparano a tirarsi indietro quando è il caso e a prendere in mano le situazioni per dare il proprio conforto all’amato. Non è mai un parità. E’ un’altalena, è un’oscillazione, ma sempre, sempre armonica. E’ l’amore.
L’aveva finalmente distratta dal suo nervosismo. Era così che la voleva. Fiera, indipendente, pronta ad accettare qualsiasi sfida e a vincerla. E Isabella aveva vinto il cuore di Edward da molto, molto tempo. Lui era suo, era sempre stato suo, e ora voleva lei, tutta lei. Anima e corpo.
Isabella rispose subito a quel bacio appassionato, aprendo timidamente la bocca e accogliendo la dolce lingua di Edward, che le stava insegnando ad amarlo.
Edward fece presto con la veste di Isabella, esperto nel tocco e veloce con i lacci.
“Sei bravo con gli abiti femminili…” Non rinunciò a dirgli tra i baci sempre più accalorati.
“Sono solo ansioso di… levarti questa roba… ora non ci serve…” Continuava a baciarla gettando via la fastidiosa veste di lei.
Era rimasta nuda. Indossava solo le calze lunghe alle ginocchia e le graziose scarpine da sposa.
Non poté fare a meno di guardarla.
Era bella oltre ogni aspettativa.
Isabella si innervosì e cercò di coprirsi con le mani.
“No.” Gliele afferrò lui. “Non farlo.” Le prese poi dolcemente il viso tra le mani. “Guardami, Bella. Siamo tu ed io. Siamo noi due. Soli. Pronti ad amarci. Non celare il tuo corpo a me. Sei bellissima.” Si avvicinò lentamente sfiorandole le labbra, aspettando che fosse lei a prendere l’iniziativa. E non aspettò più di un secondo.
Isabella sembrava posseduta da uno spiritello della foresta. Non riusciva a smettere di baciarlo, di toccarlo, di esplorare con le mani quel suo corpo tanto, tanto perfetto.
“Spogliami, Bella. Spogliami.” Le sussurrò continuando a baciarla sul collo sulle spalle e di nuovo su quelle labbra voluttuose.
Isabella raggiunse l’allacciatura dei pantaloni e con movimenti incerti iniziò quel compito. Ma quando raggiunse l’evidente segno del desiderio di lui, Edward le strinse la mano scostandola. 
Sarebbe stato piuttosto imbarazzante gemere e finirla lì in pochi attimi. Ma era così che si sentiva. Pronto ad esplodere per lei.
La prese in braccio, invece. Oh, no, non come un fresco sposo con la sposina. Le fece cingere le gambe intorno alla sua vita. Le fece sentire totalmente quanto fosse desideroso di lei.
“Oh!” Esclamò Isabella trovandosi in una posizione… stranamente comoda e piacevolmente… piacevolmente… oh…
Iniziò a muoversi su di lui. Così. In piedi. Trovava quei movimenti troppo piacevoli per fermarsi.
Edward sorrise soddisfatto. Era questa la sua Bella. Questa la donna che aveva imparato ad amare. Istintiva, coraggiosa, curiosa fin’oltre il peccato.
E peccare voleva lui ora. Tanto. Tantissimo.
E lei non voleva niente di meno.
La adagiò sul letto e iniziò a baciarle le spalle, per poi discendere lentamente ai seni piccoli e perfetti.
Isabella sobbalzò al tocco della sua lingua sui capezzoli e portò istintivamente le mani ad afferrare i capelli di lui per tenerlo li per sempre.
Edward non smetteva di sorridere, nient’affatto sorpreso dalle reazioni spontanee della sua sposa, continuando a baciarla e ad eccitarla.
Isabella gemeva senza vergogna, ormai andata allegramente a far parte del regno animale, lasciandosi andare al puro istinto.
“Parlami… parlami come quella notte alle scuderie…” Riuscì a dire tra i gemiti.
Edward la guardò per un momento, sorpreso da quella richiesta così chiara in un momento di coerenza nulla, e fu lieto di pensare a quanto fosse maliziosa e particolare la sua donna. Le piaceva guardare. Le piaceva ascoltare. Traeva eccitazione da tutti i suoi sensi. 
Capì in quel momento che fare l’amore con lei sarebbe stato notevolmente più piacevole e fantasioso di quanto avrebbe mai immaginato. Ed Edward immaginava parecchio.
“Sei una piccola insolente… vogliosa di essere posseduta da me… desiderosa di avere tutto quello che può… mmmh… dimmi Bella… ti sei mai toccata… qui?...” Allungò una mano a toccarle la vagina già preda di abbondanti umori.
“Oh… oh… io… io… ooooohhh! Si… si… oh, si… si, si, si, mi sono tocca-ta, mi sono toccata… non… non lo dirai a nessuno, verooo?...”
Edward sghignazzò di fronte alla resa incondizionata della moglie “A nessuno, amore mio… ma tu… mmmhh… devi dire tutto a me… intesi?” A quell’affermazione, Edward diede un piccolo schiaffettino direttamente sul clitoride gonfio di Isabella, la quale sobbalzò per poi inarcarsi e gemere più forte.
“Solo a te… solo a te… continua a farmi quello che stai facendo… mi farai… que-que-quello che mi hai fatto l’altra notte, si?...” Chiese lei con la poca voce che riuscì a racimolare dato il godimento incredibile che le mani di Edward le stavano dando.
“Sempre, amore mio. Sempre.” Le rispose dolcemente baciandola sempre più in basso fino ad arrivare alla fonte del suo desidero.
La assaggiò. Delicatamente. Morbidamente. E poi più velocemente.
“Oh! Cos’è? Cos’è?!” Chiese lei d’un tratto seduta a guardare la testa di Edward tra le sue gambe.
“E’ la mia lingua, amore. La mia lingua che ti sta amando.”
“Oooooh!” Si ributtò lei incerimoniosamente sui cuscini.
“E-e-e… userai sempre… sempre…. anche quella… verooo?” Respirava affannosamente lei con le lenzuola strette nei pugni.
“Ogni volta che vorrai.” Le sussurrò lui soffiandole tra le labbra bagnate.
“Oh… allora… allora… direi… sempre! Ooohhh… come… come si chiama… questa… pratica…?...”
“Cunnilingus.” Continuò a baciarla lui.
“Ooh, cunnilingusss… che sple-splendido nomeeee…”
Edward osservava ogni singola reazione della sua amata e capì che era arrivato il momento.
Lentamente continuò a baciarla riposizionandosi accanto a lei ma non smettendo mai di massaggiarla con le dita. 
Infilò il medio nella sua cavità.
“Oh! Cos’è? Cos’è?!” Esclamò lei all’intrusione.
“E’ solo il mio dito, amore. Non ti sei mai toccata così?” Le sussurò lui giunto all’orecchio di lei.
“N-no…”
“Non pensarci, ti sto solo preparando… concentrati su di me, Bella, solo sulla mia mano, sul mio corpo, sulla mia bocca…” E aggiunse un altro dito.
“Hai una bocca talentuosa…” Rispose lei con gli occhi chiusi concentrandosi come le aveva chiesto il marito.
“Marito…” sospirò poi.
Ad Edward brillarono gli occhi per l’emozione. “Si… tuo marito… io sono tuo, Bella… per sempre tuo.”
“Oh.” Fu tutto quello che riuscì a dire lei. 
Per un momento Edward sperò che anche la bella moglie potesse finalmente lasciarsi andare ai sentimenti, così come si stava lasciando andare fisicamente, ma ora le urgenze erano altre.
Nel momento in cui Edward sentì approcciare l’orgasmo di Isabella, la penetrò.
Isabella aprì gli occhi alla massiccia invasione, e bloccò il respiro a bocca spalancata.
“Guardami, amore mio… guardami… respira… respira… così…” Edward istruì Isabella che in quell’istante era rigida come uno stoccafisso, mentre lui stava morendo dalla voglia di muoversi, dispiaciuto per quell’azione indispensabile. Non era possibile altrimenti. 
Le accarezzava il viso sussurrandole parole dolci. Parole d’amore.
“Bru-brucia…” Esalò Bella espirando senza voce.
“Lo so, amore mio, lo so. Passerà. Guardami ora e respira lentamente… si… così… respira…”
Isabella iniziò a seguire le direttive del marito e si trovò senza controllarlo a muovere in tentativi il bacino.
“Si, così, piccola mia, muoviti come vuoi… segui il tuo corpo… sentimi Bella… sentimi…” La voce di Edward uscì sforzata. Si sentiva deliziosamente costretto dentro di lei e iniziò a muoversi delicatamente. 
Isabella agganciò lo sguardo agli occhi del marito che la osservavano intensamente, con passione e… devozione. Era stupendo, era la cosa più bella che avesse mai visto.
I suoi capelli sconvolti in tutte e direzioni.
La sua bocca rossa e perfetta semiaperta che sussurrava e gemeva.
Il suo volto incredibilmente bello contorto nel piacere che lui, solo lui, portava ad entrambi.
Dopo qualche istante, il dolore lasciò il posto al piacere. Iniziarono quell’antica danza, quei movimenti sinuosi in sicrono. Le loro mani accarezzavano, le loro bocche si toccavano delicatamente tra i respiri affannosi.
Edward appoggiò la fronte su quella dell’amata. Mai aveva provato un’emozione così forte e potente. Mai aveva posseduto il corpo di una donna in questo modo. Mai aveva amato così intensamente.
Sentendo i suoi muscoli contrarsi per il giungimento dell’orgasmo, Edward portò una mano tra di loro e massaggiò Isabella stabilendo un ritmo regolare e veloce, al quale Isabella, presa da un miliardo di emozioni, si arrese in estasi.
Le spinte di Edward divennero più imprecise e forti e il suo respiro più sconnesso.
“Oh, Bella… amore… mio…”
I sensi di Isabella acutizzati dall’estremo piacere mai provato in precedenza, registrarono tutto.
Ogni respiro, ogni parola, ogni minima parte di quell’uomo che la stava amando con tutto se stesso. E guardarlo spalancare la bocca e strizzare gli occhi al culmine del piacere, scatenò in lei nuovi sconvolgimenti, irrigidendone il corpo e scuotendolo ripetutamente.
Edward guardò Bella venire gloriosamente, tra quei gemiti acuti che ora erano diventati la sua melodia preferita.
Non parlarono.
Rimasero lì. Distesi l’uno nelle braccia dell’altra e amandosi con gli occhi e le mani.
Quella notte Isabella si addormentò ancora in quell’estasi stupefacente.
Quella notte Edward si addormentò pieno di dubbi e di preoccupazioni.
***

Isabella si risvegliò deliziosamente dolorante e appagata. Sensazione nuova e che voleva ripetere al più presto.
Quello che la svegliò, era un trambusto nella stanza.
Aprì gli occhi e stiracchiandosi guardò Edward sorpresa.
“Dove stai andando?” Le si spense il sorriso.
“Devo partire. Abbiamo un incontro con le contee del nord. Gli scozzesi si preparano ad un attacco e noi dobbiamo preparare la nostra difesa prima che sia tardi.” Le rispose seccamente lui senza guardarla, mentre si infilava i lunghi stivali
Isabella era più confusa che mai. “E quando pensavi di dirmelo?” Gli domandò sull’orlo della rabbia, che mal celava come suo solito.
“Non ero tenuto a dirtelo. E’ un mio dovere. Ora devo pensare a questo. Tu non devi preoccuparti di nulla. Sei al sicuro qui. Mi dispiace solamente che debba portare Whitlocksdale con me. Scusami, amore, se ti tolgo il divertimento.” Ribatté lui ora completamente vestito e in cerca dei suoi oggetti personali. Sempre senza guardarla.
Edward aveva dormito poco e male. E aveva udito Isabella mormorare il nome di Whitlocksdale nel sonno.
Non sapeva cosa pensare. Credeva che Isabella lo amasse. Credeva di averla capita bene. Ma ora era preso dai dubbi più devastanti. Forse Bella nutriva davvero un interesse per l’amico. E forse lui non era abbastanza per lei.
Si era sempre sentito così. Mai abbastanza per lei. Mai degno di lei.
E ora erano sposati, e lui l’aveva costretta in un legame che forse lei non voleva.
“Cosa?! Jasper? Ma… ma cosa dici? Io non capisco…” Rispose lei sconsolata alla vista del marito in partenza e dalle accuse non troppo velate che le aveva mosso.
“Nemmeno io. Forse abbiamo commesso un errore. Forse io… non…” Non riuscì a finire quella frase dolorosa, quindi infilò la porta e si precipitò all’ingresso del castello dove lo aspettava gran parte della guardia e altri cavalieri, tra cui Whitlocksdale.
“No! No! Edward… Edward!” Ma lui era andato.
Isabella raggiunse l’abito preparato per lei la sera precedente, se lo infilò senza preoccuparsi di allacciarlo, e corse dietro al marito.
“Edward! Edward! Aspetta!” Arrivò fuori dalle mura del castello, sotto gli occhi di tutti, guardando il marito montare in sella al suo destriero.
Edward si voltò verso di lei, tenendo le briglie saldamente per domare il cavallo già pronto al galoppo.
Isabella però si sentì indifesa e confusa, non sapeva cosa dire, e pronunciò le uniche parole che le vennero in mente.
“Torna intero… torna da me.” Sussurrò toccandogli lo stivale già in posizione sulla staffa.
Edward le rivolse un breve cenno del capo in saluto, e partì con tutti gli altri al seguito, emozionato per gli eventi del momento, per la notte precedente, per il loro amore scambiato così intensamente, e per il fatto che Bella non aveva degnato nemmeno di uno sguardo l’amico.
***

Due mesi dopo.

Isabella aveva udito i portavoce del castello riportare le cronache delle battaglie.
La guerra era scoppiata al confine. Non era inusuale.
Ma Edward, il suo Edward, ora era lì.
E lei era rosa dalla preoccupazione.
Aveva perso peso, e si trovava spesso sulle mura del castello a guardare l’orizzonte, aspettando che il suo uomo tornasse.
Intero.
Aveva imparato a parlare con se stessa, aveva capito cosa voleva Edward da lei, e si era data della stupida più e più volte per non aver dichiarato il suo amore come aveva fatto lui continuamente durante la loro unica notte d’amore.
Oh, ora che lui era lontano, aveva ripercorso con la mente molte volte quella notte. E ora era pienamente cosciente di quanto lui l’avesse amata, di quanto fosse stato delicato, di come sapeva portarla a se, senza intimorirla, senza spaventarla, amandola esattamente così come lei era. Aveva tristemente capito quanto poco lei gli aveva dato, e pregava giorno e notte perché Dio lo riportasse a lei. Perché doveva dirglielo. Doveva dirgli quanto lo amava e quanto l’aveva sempre amato.
Dio avrebbe fatto molto bene a riportarlo a lei, prima che, prima che…
Piangeva spesso Isabella.
Più il tempo passava e più perdeva le speranze.
Ma in un giorno autunnale di pioggia battente, udì chiaramente un gran trambusto, urla e voci alte.
Si precipitò alla finestra che dava all’interno del castello, e tra la pioggia riuscì a vedere l’armata che stava entrando e si dirigeva al centro del grande spiazzo.
C’erano molti uomini a cavallo e molti su barelle improvvisate o riversi sulle selle, senza vita.
Non riusciva a distinguere niente, e soprattutto non riusciva a vedere Edward.
Si precipitò all’esterno, ignorando il freddo e la pioggia.
E cercò, tra tutta quella confusione, segni di suo marito, cantilenando nella mente. Non lui, non lui, non lui…
“Jasper! Jasper! Dov’è Edward?!” individuò subito Sir Whitlocksdale a cavallo del suo destriero e intatto. Ma Edward era l’unica cosa di cui le importasse.
Sir Jasper girò lievemente il capo verso una delle barelle.
E con orrore Isabella vide il marito inerte e ferito.
“Edward! Presto portatelo su nelle stanze! E chiamate Fra Bartolomeo!”
Fra Bartolomeo era grande amico di Isabella e gran conoscitore di tutte le scienze. Spesso si era trovato a curare malattie, far nascere bambini e risanare feriti.
Edward fu subito trasferito nella loro stanza e Isabella si prese cura di tutto. 
Gli tolse gli abiti e lo pulì tra le lacrime urlando ordini a tutta la servitù per acqua bollente e pezze pulite.
“Non lasciarmi… non lasciarmi…” Piangeva asciugandosi le lacrime col dorso della mano e pulendo la brutta ferita al lato dell’addome del suo amato.
Fra Bartolomeo fece del suo meglio, medicandolo usando erbe e unguenti. E rivolgendo preghiere a Dio.
Isabella sapeva che era solo questione di tempo. 
Era salita la febbre ad Edward, e lei era lì con lui giorno e notte a fare in modo di tenere sempre pulite le bende e anche che non venisse disturbato. Era successo e lei aveva mandato sempre via tutti bruscamente, ammettendo solo le visite di controllo del frate.
Non gli lasciava mai la mano. Pregava e piangeva. E gli raccontava.
Gli raccontava di quanto lo amasse, di quando si innamorò di lui che ancora erano fanciulli, di quanto era bello e fiero e valoroso ai suoi occhi, e di quanto lei fosse poco meritevole di lui.
“Non… non dire… sciocchezze… tu sei… meravigliosa…e… io.. sono solo… un povero… bastardo…”
“Oh! Edward! Edward!” Isabella gli si buttò al collo, lasciandosi andare ad un pianto disperato e cantilenando “Sei tornato da me, sei tornato da me,”
Edward alzò a fatica il braccio opposto alla ferita e le carezzò i capelli. “Profumi di fiori... e di frutta…”
“Oh Edward… perdonami… sono stata una sciocca… stupida… stupida, stupida! Non aveva capito… non sapevo… Io ti amo. Ti amo Edward di Cullenshire. Ti ho amato da sempre e ti amerò per sempre. Per sempre.” Isabella si discostò dal suo collo per guardarlo e vide con orrore il viso immobile di Edward e i suoi magnifici occhi verdi chiusi, privati a lei.
“No… no, no, no! Edward! Edward! Mi senti? Edward!” Lo scosse lievemente senza ottenere risposta.
“Edward… ti prego… sentimi… sentimi…” Piangeva disperatamente Isabella sul petto del marito immobile.
Ma respirava.
Alzò il viso per capire se il marito era davvero vivo, e lo trovò a guardarla, con quel suo mezzo sorriso che amava da sempre.
“Ti sento… ti sento amore mio… volevo solo godermi il momento…” Rispose lui cercando di non ridere per non sentire quel dolore infernale provocato dallo squarcio nel fianco.
E Isabella tornò ad essere la Bella che amava tanto. “Oh tu! Imbroglione! Nemmeno una ferita mortale riesce a tenere a freno la tua voglia di prendermi in giro!” Ma sorrideva. Sorrideva della vita riavuta del marito e in silenzio ringraziò Dio per aver ascoltato le sue preghiere. E per averglielo riportato intero. E con il suo spirito intatto.
“Ti… ti sono mancato?” Chiese lui guardandola negli occhi.
“No.” Scosse il viso lei, abbassando lo sguardo.
“Oh.” La delusione evidente nel sussurro di lui.
“Non mi sei mancato. Sono morta senza di te. Non respiro senza di te. Non valgo niente senza di te. Non mi sei mancato. Perché ti sei portato via la mia anima e il mio cuore, lasciando qui la carcassa inutile di una donna senza più niente.” Mormorò in emozione Isabella.
Ad Edward scese una lacrima dall’angolo dell’occhio. “No, non è vero. Sono io che sono rimasto qui tutto il tempo, Bella. Non ho valore lontano da te, non ho passione, non ho emozione, non ho forza. Vedi?... Sono riusciti a colpirmi… non era mai successo prima. Sono indifeso senza di te. Avrei accolto la morte, senza di te.” Le accarezzò il viso asciugandole una lacrima.
“Non dirlo più. Non dirlo più. Hai capito Edward di Cullenshire? Non dire più una cosa del genere. Non ti scoprire più così, offrendoti al nemico. Devi tornare da me. Dovrai sempre tornare da me. E’ chiaro?” Si spezzò la voce ad Isabella al pensiero di non vedere più l’amato. “Ti amo più della mia vita.”
“Ti amo da sempre.” Rispose lui in un sospiro.
Un nuovo bacio nacque dall’unione delle loro labbra. Un bacio consapevole, affamato, disperato. 
Il bacio del vero amore.
***

Due mesi dopo.

“Dove sei stato?” Chiese impazientemente e in maniera brutale Isabella al marito.
Lui aggrottò la fronte. “In città.” E volse lo sguardo.
Era molto tempo che settimanalmente Isabella si accorgeva della mancanza del marito al castello. Alla richiesta di informazioni ai di lui attendenti, trovava risposte vaghe e a volte contrastanti. Tutte molto frettolose.
Aveva iniziato ad avere dei sospetti. Sospetti che la facevano soffrire moltissimo.
Non la toccava più. Avevano fatto l’amore un’unica volta. Quella delle nozze. Il giorno successivo, dopo la partenza di Edward, erano state mostrate le lenzuola a riprova dell’avvenuta unione. E se fosse stato solo quello? E se Edward avesse solo fatto il suo dovere? Forse non la desiderava? Forse le sue attenzioni erano ora dedite ad un’altra donna? O più d'una? Aveva un’amante? Era innamorato di un’altra donna? 
Spesso Edward aveva degli incubi. Incubi orribili che lo riconducevano a sanguinose battaglie, dove aveva assistito a massacri e alla perdita di compagni ed amici. Era tormentato, questo Isabella lo poteva vedere chiaramente. Le sue parole non erano divenute meno amorevoli, tutt’altro, ma c’era sempre un’ombra nel suo sguardo. E Isabella impazziva pensando a tutti i possibili scenari dietro alla sofferenza del marito.
E impazziva nel saperlo tra le braccia di un’altra a prendersi quello che non voleva più da lei.
Era pronta a combattere. Ed era pronta ad arrendersi alle sue debolezze, se questo avesse significato rimanere accanto a lui. Rimanere la sua sposa. Isabella conosceva il marito, il suo carattere, il suo impeto, e le sue voglie. 
Lei ne aveva altrettante. 
Ma ora era colta dal dubbio che lei non fosse più appetibile ai suoi occhi.
“Hai un’altra donna?” Chiese lei con flebile voce.
Lui si voltò di scatto verso di lei. “No! Come ti viene in mente una cosa del genere?”
Lei si portò le mani sui fianchi. “Come mi viene in mente? Vediamo un po’… sparisci tutti i martedì e ti ripresenti al tramonto. Stanco. E… non mi tocchi più… “Sussurrò l’ultima parte in vergogna.
“Ero in convalescenza.” Rispose lui abbassando il tono e curvando le labbra nel suo leggendario mezzo sorriso. “Perché, Lady Cullenshire, ti manca qualcosa? Forse?” Ghignò avvicinandosi predatorio.
Ma Isabella era profondamente ferita. Non sarebbe sottostata ai giochetti del marito per sviare il discorso.
“Non cambiare argomento. Esigo di sapere dove vai tutte le settimane. Adesso.” Isabella  si impuntò, inasprendo il tono.
Edward alzò le mani in segno di resa, ma si fece serio.
“Non è una cosa che vorresti sapere.” Aggiunse a bassa voce.
A Isabella si mozzò il fiato. “Oh mio Dio. Oh mio Dio. Allora è vero… hai un’amante…” Le lacrime iniziarono a riempirle gli occhi.
“Isabella, ho detto di no. Ora basta con questo discorso.” Terminò lui ignaro del dolore dato alla consorte.
Ma Isabella non abbassò la testa a quel dolore. “E allora farai meglio a dormire in un’altra stanza. Tanto questo letto non ha più significato.” Gli rispose in tono gelido.
“Cosa?! Che diamine stai dicendo? Mi… mi stai cacciando via? Perché?” Tuonò lui, incredulo.
“Perché non sei più mio.” Sussurrò lei, lasciando poi la stanza.
“Isabella! Isabella! Bella…”
Oh no. No, non può accadere. Non questo.
Le corse dietro. Isabella correva disperata per sfuggirgli, ma lui riuscì ad afferrarla per un braccio.
“Vuoi sapere dove vado tutti i martedì? E sia. Vado da tutte le famiglie che hanno perso uno dei loro cari in guerra. Un figlio, un marito, un uomo che pensava a loro… tutti quei morti… è… è stata una carneficina Bella… un orribile… violento… massacro…” Le sue parole erano dure e taglienti mentre si toccava il fianco di riflesso, i suoi occhi distanti nel ricordo di tutta quella gente fedele a lui, fedele al regno.
“Vado da loro a portare conforto… e denaro. Alcune delle loro donne non hanno più nessuno e sono esposte ai briganti, ai violentatori, a chiunque possa approfittarne…. E io non posso fare altro che aiutarli con i mezzi che ho, offrendo soldi, alloggio al castello… ma… sono in tanti… troppi…”
Isabella ascoltò immobile la confessione del marito straziato dal dolore per quelle perdite e roso dall’impotenza nel difendere adeguatamente le loro famiglie.
“… Non riesco a fare a meno di pensare a te… a cosa sarebbe accaduto se io… se fossi perito in uno di quegli scontri…” continuò.
“No! No. Non dirlo. Non dirlo. Oh, perdonami Edward… non sapevo, non avevo capito… perché non me ne hai parlato? Perché non ti sei confidato con me?” Gli accarezzò il viso, che ora riusciva a vedere in quanto era stanco.
“Perché non volevo accostarti a tutto quel dolore.” La guardò intensamente negli occhi. “Ho promesso di proteggerti. L’ho promesso a tuo padre e a Dio. Non lascerò che i tormenti del nostro regno travolgano anche te.”
“Ma… io sono tua moglie. Devo sapere. Devo sapere cosa ti tormenta e cosa ti fa urlare la notte. Ho promesso davanti a Dio di esserti accanto anche nelle difficoltà.” Sussurrò. “Pensavo di non piacerti più… pensavo che andassi a cercare rifugio tra le braccia di un’altra donna.”
Le si avventò addosso, baciandola violentemente. Ardendo da quel desiderio inespresso tanto a lungo.
“Non volevo farti del male. Non potevo toccarti. Non riuscivo a tenerti lontana dalla mia angoscia.” Mormorava tra i baci. “Tu sei tutto per me, Bella. Tutto.”
“Prendimi allora, Edward. Prendimi e amami con tutta la tua angoscia. Prendimi e dimentica tutto dentro di me. Prendimi…”
La sollevò da terra senza sforzo, baciandola e afferrandola come mai prima, strappandole gli abiti e raggiungendo la sua cavità tra le cosce. Era possessivo, dominante, rude.
E Isabella amò ogni secondo di quell’attacco brutale.
“Non dovremmo stare qui.” Sussurrava mentre si liberava dei pantaloni. “Non dovrei prenderti così.” Ansimava.
“Si. Qui. Prendimi qui. Reclama il tuo possesso. Prendimi come se fosse proibito. Prendimi come se fossi un’amante…”
Oh, Bella… Questa era la Bella che Edward tanto amava e desiderava fino a farsi scoppiare il cuore.
Edward la guardò diabolicamente. Non c’era spazio per l’amore dolce stanotte.
“Vuoi che io ti fotta… non è così?” Chiese toccandola avidamente, facendole male. Un male che Isabella accoglieva e che la infuocava ancora di più.
“Si… oh, si… fottimi, amore… fottimi…” Sussurò lei subito prima che lui la impalasse contro il muro in granito dei corridoi antistanti le loro stanze.
“Ahh… e se ci vedessero?... Mhm?…” Chiese ghignando lui, tra i grugniti per le spinte poderose.
“Oh… ooohhh!...” Che si fottano anche loro. A Isabella piaceva troppo l’idea, ed Edward la leggeva come un libro aperto.
“Sei dissennata…. Moglie… e un po’ troia…” La guardò intensamente.
Lei agganciò lo sguardo al suo, sorpresa di tanta scurrilità e di quella che normalmente sarebbe stata interpretata come un’offesa, che però le innescò istantaneamente il suo primo orgasmo.
Urlò deliziata sentendosi troia…
Strinse gambe e braccia ancora di più intorno a lui.
“Oh… ohhh… a proposito… ho imparato delle cose… nuove… da Jasmine… la prostituta… ohhh… del paese…. oohhh… sai… ero… ero… ero… preoccupata che… non mi volessi… oh si… ooooh lì, lììììììì!!!… E mi ha… insegnato…. come… come… come… oooooohhhhh...”
Edward era in estasi e anche dannatamente confuso dal discorso intervallato dai gemiti, della moglie. “Come… cosa?... Cosa… ti ha… insegna… to?...”
“A… succhiartelo… ooohhh…”
“Oh, Cristo Santo! Cristo! Cristo! Cristo! Bella!” Edward non riuscì fermare l’improvviso violento orgasmo innescato dalle parole dell’amata moglie… un po’ deliziosamente… troia.
Portò i loro corpi in terra, ansimante come un cavallo azzoppato e con la sua donna ancora da soddisfare.
“Sei… sei… sei impazzita? Non… puoi dirmi… queste cose… mentre ti… fotto! Oh, Cristo…” Ansimava ancora troppo, un po’ per lo sforzo e un po’ perché si era accorto che il suo membro si stava ridestando di nuovo.
“Mmmmh… per essere un gentiluomo, bestemmi parecchio… facciamo così… mmmhhh… Io non lo dirò a nessuno… e tu non dirai a nessuno che hai una moglie troia…” Isabella dondolava ancora, in cerca di soddisfazione e cercando di eccitare il marito. “Sarà il nostro segreto…” Gli sussurò all’orecchio succhiandogli il lobo. E ad Edward si girarono gli occhi nella testa.
Ricominciò a baciarla, muovendosi sopra di lei, in terra, barbaramente, su di una Isabella sorridente. 
E amò ogni minuto.
“Come… come hai imparato… a, uhm… succhiarlo?” Chiese tra i baci.
“Con una banana….”
“Cazzo…”
“Jasmine ha detto che gli uomini traggono un piacere estremo da questa pratica… e se è almeno la metà di quello che mi hai fatto tu con la lingua…”
“Mmmhhh… non so se è la metà o se è uguale… ma il pensiero di avere la tua bocca sul mio cazzo… oh, cazzo…”
“Ohhhh!”
Eh, si. Isabella orgasmava ogni qual volta Edward imprecava. 
Ed Edward non si controllava ogni qual volta Isabella gli rivelava una delle cose che aveva studiato per lui.
***

Non sapevano come gli eventi del regno avrebbero modificato le loro vite e non si preoccuparono rosi da dubbi inutili.
Vissero felici e contenti, fottendo su ogni superficie disponibile del castello.
E dei dintorni.
E sui cavalli.
E aspettarono con gioia tutta la prole che il buon Dio gli avrebbe inviato.


Fine.

(credit manip to the right owner)

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